STORIA DEL SEMINARIO

LA STORIA DEL SEMINARIO VESCOVILE

Parte I
Il Seminario dalle sue origine agli ultimi anni del sec. XVII
(1575-1696)

I) Le pratiche preparatorie all’erezione del Seminario

L’idea di istituire i seminari nasce con il Concilio di Trento. Infatti nella XXIII sessione tenuta il 15 luglio 1563 al cap. VI ed al Cap. XVIII del “De Reformatione” viene affermato: “Siccome i giovani, se non sono bene allevati, incline a seguire la vollutà del mondo, e siccome senza una protezione tutta particolare di Dio onnipotente, essi non possono mantenersi e perseverare nella disciplina ecclesiastica…; il santo Concilio ordina che tutte le Chiesa Cattedrali, Metropolitane ed altre superiori… siano obbligate a mantenere e allevare nella pietà e nella disciplina ecclesiastica…; il santo Concilio vuole che si scelgano primariamente i poveri… Non si riceverà in questo collegio alcun giovanetto che non abbia dodici anni di età, non sia nato da legittimo matrimonio, non sappia mediocremente leggere e scrivere… Questi alunni dovevano essere divisi per numero ed età”.
Pubblicato il Concilio di Trento, dopo la chiusura il 4 dicembre del 1563, ed in seguito all’approvazione da parte del Papa Pio IV, con la bolla del 25 gennaio 1564, i vescovi che vi avevano presi parte, ritornati alle loro rispettive diocesi, pensarono di mettere in esecuzione i sapienti decreti dello stesso Concilio, fra i quali quelli dell’educazione al clero. Il Papa fu il primo a dare l’esempio fondando il Seminario Romano che affidò ai Gesuiti. San Carlo Borromeo fu il primo tra i vescovi italiani a fondare il seminario a Milano. Anche altri vescovi cominciarono a pensare la fondazione dei propri seminari.
In Sicilia il primo seminario ad essere fondato fu quello di Siracusa nel 1570 dal vescovo Giovanni Orasco Arzè. Il secondo quello di Catania fondato dal vescovo Antonio Faraone nel 1572. Il terzo posto se lo disputano il seminario di Mazara del Vallo (1579) e quello di Agrigento (1577-1607)[1].
Seguono in ordine cronologico di fondazione il seminario arcivescovile di Palermo, eretto con decreto, in corso di sacra visita, dall’arcivescovo Cesare Marullo in data 5 giugno 1580 e successivo editto del 22 dello stesso mese.
Dopo quello di Palermo si ebbe l’istituzione del seminario , pure arcivescovile, di Monreale. Era il 1° agosto del 1590.
Nello stesso anno, 1950, fu istituito il seminario di Cefalù. Fondato dal venerabile Fr. Francesco Gonzaga, dei Frati Minori, vescovo di Cefalù.
L’istituzione del seminario arcivescovile di Messina fu decretato nel sinodo diocesano del 1588, celebrato sotto l’arcivescovo Antonio Lombardo di Marsala. Nel 1591, era sito in case private, in affitto in via Giudecca e della Zecca. Nel 1606 l’arcivescovo Bonaventura Secusio comprò nella via Austria delle case ed iniziò la fabbrica del seminario stabile. Non ritenuto adatto, nel 1620, l’arcivescovo Andrea Mastrollo di Collegano pose la prima pietra per un nuovo e grande seminario.
L’ultimo seminario a sorgere in Sicilia fu quello di Patti nel 1639 per opera del vescovo Vincenzo Di Napoli da Troina.

II il vescovo fondatore del Seminario: M.r Bern. Gasco.

La prima fondazione si deve al vescovo Bernardo Gasco, spagnolo di origine, succeduto ad Antonio Lombardo nel 1579.
Il re Filippo II, conosciuti i meriti del Gasco, lo pone come vescovo dell’importante sede di Mazara del Vallo nell’anno 1578, con diploma conferito a Roma il 30 maggio 1579 da Gregorio XIII che lo consacrò nello stesso anno.
Raggiunta la sede, lo zelante prelato curò per prima cosa di edificarvi il seminario voluto dal Concilio Tridentino.
Il decreto vescovile del 20 luglio del 1579 segna il vero inizio del nostro Istituto. Mons. Gasco designò la chiesa di S. Egidio il Vecchio come sede dell’ergendo seminario.
Dopo aver scelto la sede del primitivo seminario provvide a delle tassazioni a favore dello stesso. Infatti con delle lettere circolari, del 20 febbraio del 1581, diretta ai vicari foranei della diocesi, ammoniva e costringeva i reverendi arcipreti, parroci, beneficiari, rappresentanti di enti e luoghi a pagare in due rate o tande, la prima alla vicina Pasqua di Resurrezione e l’altra il 1° di settembre.
La somma ricavata doveva servire per l’erezione del seminario ecclesiale conforme al santo Concilio di Trento. Le previsioni del volenteroso vescovo circa la durata delle dette tassazioni non ebbero riscontro con la realtà in quanto molti si rifiutarono di pagare.
Un’altra disposizione sapiente del mons. Gasco fu la composizione del 1° registro o Rollo del seminario o detto Libro del Seminario, come si rivela da una sua ordinanza del 6 marzo 1581:“ A 6 marzo 1581. Noi don Bernardo Gasco per grazia di Dio e della S. Sede Apostolica Vescovo di Mazara per servizio di Nostro Signore Dio e pel buon governo del Seminario ultimamente nel suo santo nome fondato in questa città di Mazara, abbiamo ordinato e comandato che in perpetuo si tenga dai rettori ossia governatori di esso (Seminario) un libro, che per ora sia il presente; ed in questo si descrivano ed annotino ossia si registrino tutti gli atti tanto enfiteutici sopra qualsivoglia bene stabile e ricogliti, quanto di donazione ed i legati che forse vi saranno, le bolle e qualsivoglia altro provvedimento d’istituzione ed aggregazione di benefici a detto Seminario in forma autentica, e tal libro si tenga e debba tenere nella cassa a tre chiavi recentemente per questo altissimo effetto fatta per detto Seminario ed esso (libro) mai avrà da uscire eccetto che per verifica di qualche constatazione necessaria a verificarsi”.

╬ Bernardo vescovo di Mazara

Occorre anche rammentare che il vescovo Gasco ordinò che vi fosse un altro libro: quello dell “Amministrazione” in cui dovevano venire annotati tutti gli introiti ed esiti, i bilanci, le revisioni dei conti, ed i decreti delle varie visite. Purtroppo a differenza del 1° libro questo è andato distrutto completamente.
Malgrado la buona volontà dello zelante prelato, né in seguito al decreto del 20 luglio del 1579, né nei due anni successivi il seminario voluto dal Tridentino fu eretto a Mazara come si doveva, tanto che il regio visitatore M.r. Francesco del Pozzo, venuto a Mazara nel 1583, pur avendo trovato il collegio dei fanciulli o seminario in certa maniera iniziato dal vescovo, ordinò che esso fosse eretto secondo le norme del decreto de santo Concilio di Trento.
Dai decreti del predetto regio visitatore del Pozzo si legge come questo fosse preoccupato per l’ignoranza da lui constatata in una parte del clero locale; sia in materia di grammatica, sia nella conoscenza del canto ecclesiastico. Tutto questo dovette spingerlo maggiormente a far sorgere a Mazara un seminario in piena regola affinché questi giovani sarebbero stati il futuro e la speranza della Chiesa.
Scriveva il Millunzi: “Si sentiva vivamente e da tutti il bisogno di restaurare il clero perché da tutti si conosceva l’immensa utilità che ne sarebbe venuta la ceto dei fedeli. La santità e la dottrina, due elementi che raramente si trovano uniti insieme in un medesimo pastore… Era inutile questa restaurazione negli uomini già fatti… Bisognava piuttosto fondare la speranza nella gioventù sempre focosa, è vero, ma sempre generosa e capace di sacrifici…”
In un altro decreto dello stesso Pozzo riguardante il palazzo vescovile scrive: “Non per forma o per decenza, ma per distanza dalla Cattedrale… e visto le rendite ordinò al vescovo di fabbricare il palazzo vescovile attaccato alla Cattedrale”.
Il vescovo Gasco, ubbidendo a tale decreto, costruì senza perdere tempo, il nuovo palazzo vescovile accanto al maggior tempio e nel punto più nobile della città.
Al vescovo Gasco gli rimane il compito più grave, costruire il seminario accanto alla chiesa Cattedrale o li vicino secondo decreto del Concilio, poiché l’antico seminario si trovava distante sia dalla Cattedrale sia dal palazzo vescovile.
In base ai documenti noi siamo in grado di affermare che il Seminario istituito da mons. Gasco nel 1579, sorge nel 1583, nel luogo stesso dove ora sorge il nuovo, ma in ambito più ristretto. In questo modo si adempiva ciò che veniva prescritto dal Concilio di Trento e riconfermato in quello di Aquileia: “che siano costruiti vicino alle chiese cattedrali poiché la vicinanza ad essa recava maggior servizio alla stessa e, minor incomodo ai chierici”. Qui stette sino al 1612, anno in cui abbandonatosi il primo locale, il Seminario passò accanto al palazzo vescovile, in un fabbricato, già monastero di S. Chiara, ma nel tempo passato proprietà privata. In questo nuovo luogo rimase quasi un secolo, cioè fino a quando Mons. Bartolomeo Castelli, fabbricando la prima ala dell’attuale Seminario, precisamente quella di levante, che guarda la Cattedrale, non lo ridusse alla primitiva sede, aggregando il locale attiguo all’episcopio, metà a questo e metà al monastero di santa Caterina.
Da quando è detto al n. 1 della P. III De Seminario ecclesiastico, risulta che fino al 1584 il seminario, per l’istruzione nelle ecclesiastiche discipline specialmente dei fanciulli poveri, ancora non funzionava, ma già, con l’aiuto di Dio, il vescovo aveva incominciato ad ordinare le cose necessarie, come nel libro del detto seminario più largamente tutto era contenuto.
Il sollecito prelato non poté vedere funzionare il seminario prima della sua morte avvenuta a Mazara il 14 agosto 1586. Bisogna ritenerlo però come il primo fondatore; e questa ne è la più alta benemerenza.

III Il Seminario sotto i vescovi: L. Rossi e M. La Cava (1589-1626)

Toccherà al successore del vescovo Gasco, M.r. Luciano De Rubeis (Rossi), ad aprire il Seminario.
Di origine siciliana, nato a Patti, fu eletto vescovo di Mazara dal re Filippo II di Spagna e consacrato da Papa Sisto V nel 1589.
Una delle prime cure del vescovo nella diocesi assegnata fu quella di far funzionare il Seminario, dove ancora non era ammesso nessun alunno.
Il Pirri parlando dell’opera del vescovo Rossi scriverà: “Egli compì il Seminario dei Chierici incominciato dal Gasco, lo accrebbe di fabbricati e di beni e per la prima volta vi ammise i fanciulli da educare”.
Noi non conosciamo il nome del 1° rettore del seminario di Mazara , né dei primi ministri o lettori essendo stato distrutto il primo libro detto dell “Amministrazione”.
Il primo nome di rettore che abbiamo è quello del can. Giacomo La Russa di Corleone. La nomina canonica avvenne precisamente con la bolla vescovile data in trapani il 15 giugno del 1611, in corso di sacra visita, nell’anno 7° del pontificato di Paolo V e nel 6° del vescovo di M.r. La Cava.
Oltre al rettore ci doveva essere un ministro secondo quanto risulta dal 2° libro dell’Amministrazione. Anche i maestri all’inizio dovevano essere pochi in quanto erano pochi gli alunni, non oltrepassano mai i 18 elementi fino all’inizio del governo del vescovo Bartolomeo Castelli 1696.
Riguardo alle classi, secondo quanto diceva il Concilio, dovevano essere divisi per numero ed età.
Le materie erano: la grammatica, il canto, il calcolo ecclesiale, e tutto ciò che riguardava le belle lettere, la Sacra Scrittura, i libri ecclesiastici, le omelie dei santi, le forme e le maniere per amministrare i sacramenti, soprattutto per quanto riguardava il confessare.
Tra i primi maestri o lettori viene ricordato don Consalvo La Progna, proveniente da Benevento. Era dottore in Lettere ed in Teologia. Insegno meno di un anno a causa di una malattia che lo spinse a ritornare al suo paese. Non sappiamo chi lo abbia succeduto, ma la cosa certa è che il seminario era già funzionante.
Una grave perdita si ebbe quando il 27 ottobre 1602, dopo 12 anni di lodevole governo, il vescovo Rossi dipartì per la casa del Padre, ma provvidenzialmente pochi giorni prima della sua morte, il meritevole pastore, aveva acquistato un altro corpo di case per allargare il fabbricato del seminario.
Dopo due anni di sede vacante, venne nominato nel 1604 da Filippo II e confermato da Clemente VIII, a vescovo di Mazara, lo spagnolo Giovanni Gantes, ma essendo avanzato negli anni morì mentre si preparava per il viaggio.
L’anno successivo gli fu dato come successore il palermitano mons. Marco La Cava. Eletto dal re Filippo III e consacrato da Paolo V lo stesso anno (1605).
Uomo di vita santa e di grande generosità. Con il suo patrimonio privato arricchì i proventi annui del vescovado, arricchì la chiesa Cattedrale e nello stesso tempio fece costruire nel 1610 la cappella del SS. Sacramento, di cui era devoto, e sempre a sue spese fece il coro in noce lavorato arabesco, a tre ordini, che fu collocato in mezzo alla grande navata.
Un pastore cosi zelante non poteva non pensare al miglioramento economico e intellettualedel Seminario. Siccome in questo vi erano spese e non tutti i beneficiati erano puntuali al pagamento, ed alcuni non volevano pagare, il vescovo La Cava fu molto rigido e questo dimostrò il grande interesse che aveva per la cura e la formazione dei chierici.
Allo scopo poi di dare una migliore sede al seminario, mons. La Cava acquisto nel 1612 un gran numero di case in vicinanza al palazzo vescovile, vendendo quelle prima acquistate dai suoi predecessori mons. Gasco e Mons. Rossi. L’atto di compra, in data 8 marzo 1612.
Il Ferrigno accenna: “Stette così ampliato il primitivo seminario sino al 1612, quando si cambiò idea: il vescovo lo volle più vicino a sé, adiacente allo stesso palazzo dove egli abita”.
Nel 1614 venne chiuso il convento dei Padri Domenicani e come si legge nella visita di mons. La Cava venne soppresso, e i benefici vennero incorporati tra i beni del Seminario.
Il governo del vescovo La Cava durò 20 anni, dal 1605 al 1625. Convoco due sinodi: il primo il 4 ottobre del 1609 , il secondo il 4 maggio 1623. Benché non si trovino nuove disposizioni sul Seminario, si riscontrano però varie prescrizioni che i chierici devono osservare di come impostare e vivere la vita.
La prima volta che si ebbe una manifestazione pubblica dei chierici fu il 17 febbraio del 1613 durante il corso della sacra visita generale, anno in cui 50 chierici parteciparono alla processione.
Mons. La Cava morì a Mazara il 4 agosto 1626, e la sede rimase vacante per 4 anni. Anni in cui fu amministrata dall’arcivescovo Francesco Elia e Rossi vicario generale e consigliere del vescovo La Cava.
[1] Il seminario fu progettato nel 1577 dal vescovo Cesare Marullo, che è da dirsi primo fondatore. Il prelato can. Lauricella scrive: “primo suo pensiero dopo il decreto del Concilio Tridentino, e con bolla del 3 agosto 1577 destinava come seminario la casa canonica di S. Maria dei Greci…” Al Marullo succedettero il vescovo spagnolo Giovanni V. Roxas (1578) e Antonio II Lombardo di Mazara (1579-1584); ma essi non si occuparono del seminario, il primo perché vissuto un anno, l’altro perché trasferito dopo pochi anni a alla sede arcivescovile di Messina. Lo spagnolo Diego de Haedo (1587) convocò il 1° sinodo diocesano e, si occupò del seminario. Elesse i deputati, determinò la tassa, ed unì al seminario i benefici di S. Leone, di S. Biagio e di S. Gregorio. Nemmeno il suo successore M.r Giovanni VI Orosco de Leyva de Cavarruviasa (1595) riuscì ad aprire il seminario. Il regio visitatore F. Giordi fu in Agrigento nello scorcio del 1606, e non partì senza vedere aperto il seminario. Ciò avvenne con grande solennità il 21 febbraio del 1607.

 IV Il Cardinal Gian Domenico Spinola e la riforma del Seminario

Con la morte del vescovo La Cava gli succede lo spagnolo Francesco Sanchez, il quale nel 1635 parti per la Spagna e non fece più ritorno a Mazara. Per buona fortuna della diocesi gli succede, nel 1636, il genovese Giovan Domenico Spinola, discendente da una famiglia nobile. Nominato dal re Filippo IV di Spagna con il consenso di Urbano VIII. Fu trasferito a Mazara nel 1636.
Il Card. G. Domenico Spinola, ( Fu insignito della porpora cardinalizia da Papa Urbano VIII l’anno 1626), ebbe grandi premure per il Seminario.
Con un editto per il rinnovamento del seminario scrisse: “Desiderando Noi mettere in meglio stato il Seminario dei Chierici di questa Città, per beneficio universale della nostra diocesi…”
Con il suddetto editto si informava: 1. Per entrare in Seminario abbia l’età di 12 anni e non superiore ai 18. 2. Che sia nato da legittimo matrimonio. 3. Che sappia almeno leggere e scrivere. 4. Che sia nativo di questa diocesi. 5. Che non abbia difetti fisici e incapacità mentali. 6. Che non sia cosi debole da non poter tollerare le fatiche del Seminario, dello studio e dei pesi della Chiesa. 7. Che dia sicurezza di voler raggiungere il sacerdozio. E chi volesse uscire deve chiedere nostro permesso e pagare per quel tempo che avrà dimorato in seminario. 8. Chi vuole entrare dovrà presentarsi a Noi e sottoporsi all’esame di abilità e di costume. Passeranno i migliori e più abili. 9. Visto la povertà del Seminario è necessario che per chi entra abbia il necessario per l’uso personale: quattro camicie, tre paia di calzoni, quattro paia di calzette, con altre tanti scarpine, due asciugatoi, quattro salviette, cappello, collette di saia di color modesto, scarpe, collari, manichetti, fazzoletti a sufficienza da potersi mutare e mantenersi con pulizia, due guanciali o pure cuscini per la notte, una sottanella di panno grosso da portare per la casa, e una cotta o superpellizza di buona materia e forma da porter comparire in Chiesa. 10. Dovranno avere tutti i libri necessari riguardanti il proprio anno scolastico. E dovranno portare una cassa dove porre la roba che porteranno, visto che il seminario non ha nulla.
Chi voleva entrare in Seminario aveva un mese di tempo dopo l’affissione dell’editto. Si diceva: “Chi è della Città venga da Noi, per chi è da fuori faccia riferimento al vicario foraneo, i quali ci darà le vostre relazioni”Data in Mazara nel nostro Palazzo Vescovile li tre di ottobre 1637 .

╬ Jo. Dominicus Spinola Car.lis S. Ceciliae Episcopus

Non contento, il Cardinale Spinola aggiunse altre disposizioni: Il chierico che entrava in seminario doveva fare la sua confessione generale presso un confessore deputato e comunicarsi due volte al mese, ed accostarsi al tribunale della penitenza e ricevere la Comunione nella chiesa Cattedrale.
Ogni giorno deve assistere devotamente alla santa Messa o nella cappella del seminario oppure in Cattedrale. Ogni sabato tutti gli alunni devono assistere ad un discorso tenuto dal rettore riguardanti le virtù della purità e della modestia, sulla vita e sugli esempi dei Santi.
Tonsura e uso dell’abito clericale: degna di nota l’uso del berretto in casa e per le vie della città dovevano portare il cappello. E per quanto riguarda lo studio, era richiesta la più intensa attività da parte dei giovani convittori. Terminato lo studio, doveva essere dato dal Lettore ossia dal Maestro un segno per l’alunno che doveva ripetere e che di conseguenza chiamava gli altri alla ripetizione.
Il pranzo e la cena erano precedute dalla benedizione e a seguire il ringraziamento. Dopo la mensa i collegiali avevano un’ora di riposo, ma nel frattempo dovevano dedicarsi al canto gregoriano. Prima di andare a letto, erano obbligati a fare l’esame di coscienza per un quarto d’ora. Al sonno non dovevano concedere più di otto ore. La mattina, alla sveglia, ciascuno doveva segnarsi con il segno della croce ed al suono convenuto, dedicarsi poi devotamente per mezz’ora alla meditazione sui punti assegnati la sera prima dal rettore.
Riverenza e rispetto ai superiori, secondo il proprio grado, e cioè al rettore, al ministro di disciplina, ai professori ed ai prefetti di camera. Per uscire era necessario il permesso del rettore.
A nessuno era lecito pernottare fuori dal seminario; escluso per grave causa. Sempre al n° 6 si legge che è permesso punire i chierici discoli e con costumi corrotti: erano prescritte catene ai piedi e le battute. E se gli alunni non riuscivano ad emendarsi venivano espulsi. I chierici si dovevano astenere da qualsiasi giuramento, dalle bugie e dai giochi nocivi.
Si parla di particolari regole scritte in italiano per uso interno. Si trovano le disposizioni del Concilio Tridentino per una migliore amministrazione del seminario.
Si prescrivevano le riunioni mensili dei deputati, nei locali del seminario, per le ispezioni da fare sull’andamento amministrativo e disciplinare dello stesso istituto.
Si può affermare che sotto il governo del cardinale Spinola ebbe inizio la vita organica, rigogliosa e duratura del Pio Istituto, per il bene della vasta Diocesi.
La direzione del Seminario venne affidata al sacerdote Filippo Cascio da Ciminna, di cui si conosce poco. Laureato in Teologia, certamente doveva avere meriti speciali in quanto all’età di 24-25 anni copriva un ruolo cosi importante di rettore di seminario.
Fu guida del Seminario per 4 anni fino a quando lo stesso Spinola, con bolla del 3 ottobre del 1642 lo nomina arciprete di Salaparuta. Morirà il 27 novembre 1648.
Il suo successore, scelto sempre da Spinola, sarà don Vito Polizzi, il 5 gennaio 1642. La sua carica durò due anni e, il 3 maggio del 1644, si allontanò dall’Istituto per motivi d’affari.
Il giorno 4 ottobre del 1645 arriva a Mazara, ed assunse il ruolo di rettore, il sacerdote Giuseppe Cascio da Salemi. Aveva 58 anni, e governò il Seminario fino al 1652. Morì da arciprete di Monte S. Giuliano.
Il Cardinale Spinola, nel suo sinodo diocesano, diede disposizioni severe per il seminario e, ne aggiunse altre per il buon funzionamento delle scuole pubbliche e private. Rigorose furono le prescrizioni per i maestri sottoponendoli alla professione di fede come avveniva per gli ecclesiastici chiamati all’insegnamento.
Agli stessi maestri di scuola viene chiesto: Poiché ogni età è incline al male… è importante dirigere la puerile e tenera età non solo con gli ammaestramenti dei Parroci e le correzioni dei Genitori, ma anche con la dottrina e gli insegnamenti dei Precettori. Pertanto, come richiede l’ufficio pastorale, provvedendo al bene delle pecorelle a Noi affidate, strettamente comandiamo e obblighiamo tutti e i singoli maestri di scuola che desiderano istruire gli altri in qualunque arte o dottrina, che in nessun modo osino d’ora innanzi aprire ginnasi sia pubblici che privati, se prima da Noi o dal nostro Vicario Generale non siano stati approvati, previo esame, e non ottengano per iscritto la facoltà di insegnare, dopo emessa la professione di fede.
… tutti i maestri i scuola da noi preposti per adempiere debitamente il loro ufficio conviene che i fanciulli apprendano i rudimenti della Fede Cattolica,durante la settimana recitino il libretto (manuale) della Dottrina Cristiana pubblicata dal Card. Belarmino, siano istruiti con ottimi studi e costumi, siano ripieni di salutari ammonimenti e precetti. Li ammoniscano per fuggire dalle cattive abitudini, si confessino ogni mese, siano introdotti alla devozione Eucaristica della Passione del Signore e della Vergine Maria.
… comandiamo in virtù della santa obbedienza agli stessi maestri di scuola che spieghino ai fanciulli solo quei libri che non siano contrari alla cristiana pietà e religione. Non spieghino e non permettano che siano letti libri pieni di cose oscene e turpi o pieni di favole o di carmi erotici…
Si può ammirare la grande sapienza, arte di governo, profonda conoscenza della psiche umana da parte del Card. Spinola, il quale governò per 10 anni questa diocesi di Mazara. L’11 agosto 1646, all’età di 68 anni chiudeva la sua storia terrena.

V Il Seminario sotto i successori del Card. Spinola fino al 1696.

Successore del Card. Spinola è Diego Requesens, uomo famoso per dottrina e prudenza, ed arcivescovo di Cartagine. Eletto vescovo dal re Filippo IV, e confermato da Clemente X. Mons. Diego governo la diocesi di Mazara per tre anni. Morì il 21 marzo del 1650 a Palermo.
Per quanto riguarda il Seminario, codesto vescovo, non fece nulla oltre che riconfermare il rettore Giuseppe Cascio e Francesco Argione che fu ministro e maestro di grammatica e insegnante di Teologia morale. Un uomo che iniziò la sua carriera con il Card. Spinola come insegnante; con il vescovo Requesens come ministro; con il vescovo Impellizzeri, eletto nel 1561 vescovo di Mazara dal re Filippo IV e confermato da Papa Innocenzo X, all’età di 40 anni Argione divenne rettore. La sua carica durò fino al 1671 anno in cui dallo stesso vescovo venne nominato cappellano della cattedrale.
Dopo un decennio di intervallo dove si susseguirono ben cinque rettori, ricompare per la seconda volta Argione come rettore di seminario, era il 1681. La diocesi era guidata dal vescovo Carlo Riggio.
Alla morte del vescovo Carlo Impellizzeri gli succede Mons. Giovanni Lozano. Fu dapprima vescovo di Tropea in Calabria, poi fu trasferito a Mazara con decreto del re Filippo IV e con bolla del Papa Alessandro VIII in data 1° giugno 1656. Costui prenderà possesso della diocesi di Mazara il 28 marzo del 1656. Il nuovo vescovo conservò tutte le disposizioni emanate dal Card. Spinola sul seminario. Nel 1668 fu promosso alla sede arcivescovile di Palermo e al suo posto in Mazara venne nominato il canc. Giovanni Termine, ma questo morì il giorno stesso in cui arrivò la nomina, era il 6 ottobre 1669.
La nuova nomina cadde sul teatino palermitano Giovanni Gisulfo, il quale rifiutò. La scelta poi cadde su Giuseppe Cicala, pure palermitano, facente parte dell’ordine dei chierici. Eletto da Filippo IV e confermato da Clemente X in bolla del 30 giugno del 1670.
Il vescovo Cicala, nel 1673 e poi nel 1675, visitò la sua diocesi ed il suo Seminario. Nel 1674 celebrò un sinodo diocesano. Durante il suo governo, 1676, venne fondato a Mazara il 5° collegio gesuitico della diocesi.
Sotto la sua giurisdizione ( 1670-1679) si ebbero cinque rettori di seminario: 1) P. D.r Tommaso Rivera (o Ribera); 2) P. M.ro Reggente Francesco Maria Graffeo; 3) sac. D.r Nicolò Manzullo; 4) sac. D.r Giuseppe Liccio; 5) sac. D. Pietro Mione
Successore di mons. Cicala fu mons. Carlo Riggio che diresse la diocesi dal 1681 al 1683.
Eletto vescovo, il 28 aprile del 1681, dal re Carlo II e confermato da Papa Innocenzo XI, aveva 40 anni. Prende possesso della diocesi il 15 luglio dello stesso anno.
Nel 1682, e per l’esattezza, il 15 di ottobre nominò come rettore del seminario di Mazara D.r Bernardo Rizzone.
Negli anni 1681-82 troviamo più volte nel citato registro (quello dell’Amministrazione 2° poiché il primo è andato perduto), che a spese del seminario venivano mantenuti 12 alunni e che i convittori non superassero in quegli anni il numero di 4. Questo piccolo numero di chierici era dato dalla ristrettezza dei locali e delle finanze dell’Istituto che non permetteva un maggior numero di alunni.
Mons. C. Riggio fu un uomo di grande umanità, aiutò i bisognosi fino al punto di indebitarsi, spendendo tutte le entrare del vescovado.
Rigorosissimo nella giustizia e negli esami dei futuri candidati agli ordini, come si ricava da un manoscritto del XVII e XVIII secolo: “Prelato di santa vita e rigorosissimo nella giustizia e con li prosecuti; … tenne ordinazione una volta tantum, e non fu ordinati niunu; reprobando a tutti etiam monachi teologi, che fu la meraviglia di quei tempi”.
Dopo un breve governo di due anni e due mesi muore in Mazara all’età di 42 anni, era il 4 settembre 1683.
Durante la sede vacante il capitolo elesse il canc. D. Gaspare Sansone, che lasciò la direzione del Seminario al Rizzone. Dopo due anni di sede vacante, Mazara ebbe la sorte di avere come vescovo un suo illustre figlio: Francesco Maria Graffeo.
Nominato il 23 settembre 1684 dal re Carlo II e consacrato vescovo a Roma il 1° maggio 1685 da Papa Innocenzo XI fece il suo ingresso in diocesi il 5 giugno dello stesso anno. Il suo episcopato durerà 10 anni dal 1685 al 1695.
Tanti e ricchi furono i dono del vescovo per migliorare questa diocesi, dall’ingrandimento del convento di san Francesco alla trasformazione della Cattedrale con dorature e stucchi. Per quanto riguarda il Seminario nulla aggiunse alla costituzioni del card. Spinola, ma confermò pienamente l’esistente.
Un dato da non sottovalutare e degno di nota è l’assegno di 2 onze e 18 annuali (= £ 33,15) fatto da mons. Graffeo per gli alunni del seminario che portavano giornalmente le aste del baldacchino del SS. Viatico agli infermi della parrocchia della Cattedrale, il quale denaro serviva per pagare la retta annuale.
In quanto alla direzione ed alla disciplina del seminario, dapprima non cambiò nulla, in seguito al ritirarsi del rettore Rizzone, prese il suo posto, il 1° novembre del 1688 D.r Giacomo Bonanno di origine trapanese. Egli resse il seminario per tre anni fino al giugno del 1690, ma per ragioni che non sappiamo lascia e viene sostituito da Paolo Perniciaro che prese possesso del Pio Istituto dal 1° luglio 1690 al 1° agosto del 1694. Fu aiutato in questo grande compito dal fratello sac. D. Nicolò Perniciaro, il quale aveva compito di ministro.
Il 1° novembre 1693 la direzione del seminario venne affidata da Mons. Graffeo al sac. Antonino Falcetta, il quale resse il seminario sino al febbraio del 1695. Il 1° marzo gli fu successore, (periodo di sede vacante in quanto il 16 gennaio del 1695 muore Mons. Graffeo), il sac. Corrado Leggiato di Trapani.
In questo periodo di sede vacante organizzò la diocesi il vicario capitolare l’arcidiacono Ascensio Graffeo.

Parte II
Il Seminario dalla fine del ‘600 sino alla 1a espulsione dei Gesuiti
(1696-1767)

I Il vescovo fondatore del nuovo seminario B. Castelli ed i PP. Gesuiti (1696-1767)

A succedere a mons. Graffeo, eletto da Carlo II e confermato da Papa Innocenzo XII, il 28 novembre 1695, fu il mons. Bartolomeo Castelli. Costui fu il fondatore del nuovo Seminario ed il promotore del collegio dei gesuiti in Mazara.
Raggiunto la sede scelse da prima come vicario generale l’arcidiacono Ascenzo Graffeo, poi il nobile Nic. Ant. Milo.
Il neo vescovo confermò le costituzioni del Card. Giovanni Domenico Spinola, levando ed aggiungendo alcune virtù: 1 La prima riguardava le regole dell’Istituto ed è cosi concepita: “coloro che convivono nel nostro Seminario abbiano qualche comune norme di vita, cioè delle regole; molte sono prescritte in questo Capitolo, dal numero uno all’ottavo. Ordiniamo al Rettore che queste siano tradotte dal latino all’italiano. Il Rettore dovrà presentarle a chiunque vuole entrare in Seminario. 2 Si riferisce alla riunione mensile dei deputati: “Comandiamo che questa deputazione sia fatta davanti a Noi, o al Nostro Vicario Generale.
Castelli fu uomo rigoroso nella disciplina dei chierici seminaristi che voleva tutti istruiti e pii. Scrive un suo biografo: “Procurò primariamente la sua Chiesa di buoni sacerdoti; e a ciò fare, andò in traccia con tutta diligenza di fare buona scelta dei Fanciulli”.
Mons. Castelli mal volentieri voleva che durante il periodo di vacanza, i chierici, lasciassero il Seminario poiché questo poteva creare un allontanamento dagli studi.
Relativamente alle scuole pubbliche e private non fece altro che confermare integralmente le disposizioni sinodale del Card. Spinola.
Nel corso della sua prima visita pastorale mons. Castelli visitò anche il Seminario, che era l’oggetto principale delle sue cure. Esso presentava tante deficienze sia per quanto riguardava i locali, sia per il piano di studi. Di conseguenza fece compilare una relazione sullo stato materiale, morale e finanziario del Pio Istituto. Facendo la sintesi del documento si legge: “ L’angustia e l’insufficienza dei locali del seminario è dovuta alla non disposizione ordinata dei locali e quindi inadatti per un istituto d’istruzione e di educazione clericale”. Questo spiega anche del perché vi siano un numero ridotto di seminaristi, appena 23 persone, compreso il rettore, allora Corrado Leggiato di Trapani ed il ministro Andrea Barracco di Marsala.
In questo periodo (1696-98) la Diocesi contava di 113.328 anima, e ciò spingerà il pio vescovo a costruire fin dalle fondamenta il nuovo Seminario.
Prima di occuparci dello studio vanno menzionati alcuni pii esercizi che venivano compiuti dai giovani chierici:
Essi ogni giorno dovevano esercitare, in cappella per mezz’ora, l’orazione mentale. Ogni sera dopo cena santo rosario e l’esame di coscienza per lo spazio d’un quarto d’ora. In tutti i giorni festivi dovevano intervenire ai divini uffici e alla Messa cantata in cattedrale. Nelle terze domeniche del mese si confessavano e ricevevano la Comunione. Così anche nei giorni festivi della Vergine Santissima praticavano la stessa devozione pur non essendo nella medesima cattedrale.
In questo frangente storico vi sono persone che servono il Seminario pur dimorando fuori da esso: il contabile, il procuratore ovvero esattore delle rendite, il maestro di canto, il notaio, il medico.
La visita fatta dal Castelli in Seminario tra la fine del 1696 e il principio del 1697 gli dovette produrre un’impressione non poco felice, poiché egli era abituato ai grandi collegi del suo ordine. Sicuramente questa fu la scintilla che porterà mons. Castelli ad attuare nel 1710-11 la costruzione del nuovo Seminario, più vasto, in un altro sito, precisamente nell’area di fronte al lato sud-ovest della Cattedrale e delimitata dalla via del SS. Salvatore.
Dell’antico seminario attaccato al palazzo vescovile e molto vicino alla cattedrale, una parte l’aggregò al monastero delle benedettine sotto il titolo di S. Caterina e l’altra la riservò per unirla al predetto palazzo vescovile.
Il regio visitatore De Ciocchis dice: “A propagare il divin culto fece sorgere dà fondamenti il nuovo Seminario, affinché la gioventù destinata al ministero dell’alta fossi più agio educata, e istruita né sacri uffici ecclessiastici; dell’antico una metà unì al contiguo Monasterio di Santa Caterina, e l’altra metà appropriò al Palazzo Vescovile…”.
Il Safina testimonia: “ … quello che benedisse e gettò la prima pietra del nuovo Seminario, è stato mons. D Bartolomeo Castelli…”
L’ingresso del nuovo edificio era dalla via che dalla Piazza del Duomo conduceva alla porta del SS. Salvatore e che tuttora conserva la stessa denominazione.
La parte edificata da mons. Castelli forma ora l’ala orientale del grandissimo edificio, il cui ingresso principale fu poi fatto costruire dal vescovo G. Stella nella parte centrale dell’antico porticato ad intaglio che tuttora si ammira dalla parte della Piazza principale di fronte al palazzo vescovile.
Mons. Castelli non solo costruì il Seminario, ma diede ad esso la possibilità di accrescere il proprio patrimonio per far fronte alle spese del nuovo Istituto e al mantenimento degli alunni. Per cui con decreto del 24 novembre del 1700, in seguito vacando il beneficio di S. Egidio il Vecchio, in seguito alla morte dell’investito sac. D. Vincenzo Lamia, avvenuta a Palermo, l’aggregò e l'unì al Seminario, facendone peò prendere possesso dopo la rinuncia del nuovo investito can. dott. Ant. Noto, che fu promosso al decanato della Cattedrale.
Con successiva bolla del 17 novembre 1707 aggregò di fatto al Seminario i tre benefici semplici denominati S. Nicolò, S. Maria dei Miracoli e S. Egidio il Vecchio.
Castelli non fu solo fondatore, ma anche un vero mecenate degli studi ed il protettore del collegio gesuitico. Inizia una relazione culturale e spirituale tra il collegio dei gesuiti e il seminario. Il Seminario che prima aveva avuto scuole proprie con lettori e maestri da esso stipendiati, con l’apertura delle scuole gesuitiche, avviò ad esse i suoi alunni e convittori. Anche la direzione spirituale del seminario venne affidato ai Padri della Compagnia, e questo è testimoniato nel libro di Amministrazione.
Al rettore Leggiato successe nel 1698 il sac. Antonio Nolfo. Aveva una grande conoscenza del latino e del diritto. A lui succederà il sac. Giuseppe Monacò. Il suo nome comparisce nel registro dei contabili il 19 agosto 1700. Il vescovo Castelli lo nominerà arciprete del luogo natio e verà rimpiazzato dal nuovo rettore Nicolò Mindietta, che lascerà la direzione del Seminario nel 1705.
Nel 1706 diverrà rettore il sac. Eligio Zuaro di Marsala. Era Dottore in Teologia, Esaminatore Sinodale e Protonotario Apostolico, e Arciprete di Calatafimi nel 1706. Morì a 48 anni, era il 6 marzo del 1718.
Il Zuaro ebbe come successore il sac. Rocco Agate, il quale fu rettore dal 1708 al 1724 periodo in cui viene a costruirsi l’attuale seminario sotto il governo del Mons. Castelli.
Dopo Agate succede come rettore il can. Antonino Grillo di Mazara. Fu dottore in Filosofia e in Teologia, e fu erudito in Diritto. Morirà all’età di 76 anni da arciprete a Salemi nel 1762. due curati di quell’epoca, Francesco Renda e Stefano Rapallo, testimoniano che dopo nove mesi della morte, del detto arciprete, il suo corpo era incorrotto ed emanava odore.
Mons. Castelli morì a Mazara il 5 aprile, martedì santo, del 730, in fama di santità ed universalmente compianto. Fu sepolto, 4 giorni dopo, il sabato santo, presso la porta laterale nord-ovest della cattedrale, per sua espressa volontà, in segno di umiltà e per essere calpestato dai fedeli. Le viscere e il cuore furono sepolti, sempre per sua volontà, nella chiesa dei Padri Gesuiti.  Nella sede vacante resse la diocesi il vicario capitolare M.r Gaspare Sansone.

II Il Seminario sotto i successori di Mons. Castelli fino al 1758

A mons. Castelli succede Fra Alessandro Caputo di Catania, già vescovo di Tagaste. Fu nominato vescovo di Mazara dal re Carlo VI nel 1731 e confermato da Papa Clemente XII con bolle apostoliche del 31 maggio. Prese possesso della Sede il 12 giugno del 1731 e vi pervenne poi l’8 settembre.
Riguardo al seminario confermò integralmente le precedenti ordinazioni del Card. Spinola e del vescovo Castelli con l’aggiunta di due disposizione riguardanti: 1. Gli esami degli alunni, non solamente per quanto riguardava l’ingresso in seminario, ma anche a fine di ogni anno scolastico. 2. il mantenimento dei seminaristi poveri a carico del seminario.
Nel decennale governo del Caputo proseguirono i lavori per la costruzione del nuovo seminario. Per quanto riguarda i maestri e le scuole pubbliche e private non fece altro che confermare le disposizioni del suo predecessore.
In questo periodo rettore del seminario è il can. Grillo, che nel 1734 sarà succeduto dal Can. Giuseppe Mancuso che resse il seminario per un solo biennio, fino al 1736.
Dal 1736 fino al 7 maggio del 1741, nominato dal vicario capitolare durane la sede vacante, sarà nominato rettore di seminario il P. Ilario Ridolfi. In questa stessa data prenderà possesso del seminario il sac. Salvatore Tarsia dell’isola di Pantelleria.
Al mons. Caputo succede un vescovo benemerito al Seminario, mons. Giuseppe Stella; di origine palermitano. Egli proseguì la grande opera iniziata da mons. Castelli, cioè la fabbrica del nuovo seminario. Prima di parlare di lui è bene parlare della visita del mons. Giovanni Angelo De Ciocchis nella vacanza del vescovo Caputo.arrivato in Mazara il 10 dicembre dell’anno 1741, e nonostante gli fosse stata preparata la stanza in palazzo vescovile, egli preferì andare ad alloggiarsi nel convento dei Padri Minori conventuali.
Dai suoi atti, stampate poi nel 1836, si legge: “Pertanto Illustrissimo Rev. signor Visitatore… dopo aver esaminato le relazioni del Rettore e de Deputati riguardanti lo stato materiale, formale e reale del detto Seminario, vi si recò nella solita pubblica forma, e ricevuto alla porta dal Rettore visitò la chiesa, le aule, le scuole, le officine, la fabbrica esterna ed interna di tutto l’istituto, le regole, la disciplina, l’ordinamento degli studi, i sistemi di governo e di amministrazione, lo stato economico, i beni, le rendite e gli onori, e tutte le altre cose….”
Compiuta la visita furono emanati i seguenti decreti: 1. Il Visitatore ordina che nel seminario si aumenti il numero degli alunni in proporzione alla diocesi. 2. Riguardo all’aumento delle rendite del seminario, il rev. mons. Vescovo costringa i Municipi dei paesi a contribuire per aiutare uno o più alunni, concedendo ad essi la facoltà di nominare uno o più giovani che desiderano siano tenuti in seminario. 3. Ottenute le soppressioni dei conventi, si procuri il vescovo di far accrescere le rendite del medesimo seminario, ingrandire i locali, introdurre altri insegnanti 4. Il Visitatore ordina che sia letto il trattato del Computo Ecclesiale e la Teorica del canto gregoriano. Inoltre si facciano quattro esercitazioni accademiche ogni mese. 5. Ogni giorno facciano esercizi di Lingua Latina, di Catechismo e di rudimenti della fede. 6. In ogni quadrimestre si esamino i giovani sullo studio delle lettere, si esamino i costumi. 7. Per tutelare la salute dei giovani si chiudano le aperture dell’arco della cosiddetta Galleria, lasciando tre finestre, che come tutte le altre del Seminario siano fornite di vetri. Anche nelle singole stanze dei giovani si costruiscano le comodità necessarie. 8. Si curi la mondezza delle officine, specie del refettorio, il quale dalla parte occidentale abbia finestre più grandi, e del lato di oriente sia chiuso con muri e con porta. 9. Si costruisca nel seminario la Cappella nel luogo disegnato o in altro luogo purché sia decorosa. 10. Poiché i libri dei vecchi conti non potevano essere esaminati e discussi, il rev. Visitatore, ordina che al più presto possibile dal futuro vescovo si faccia revisione e anche l’ordinamento degli studi venga fatto con diligenza, e poi almeno ogni anno , lo stesso vescovo riveda i conti.
I convittori erano appena tre in questo periodo, e gli alunni diciassette. In tutto erano venti. Il Visitatore ritenne inferiore questo numero di seminaristi poiché la diocesi contava 130.667 anime.
Una vera fortuna per il seminario di Mazara fu la nomina del nuovo vescovo mons. Giuseppe Stella, di nobile famiglia e Dottore in sacra Teologia. La sua elezione fu fatta dal re Carlo III Borbone, nonostante egli avesse rinunciato, fu confermato da Benedetto XIV con bolla del 1742. Consacrato a Roma il 15 giugno di quell’anno prese possesso della diocesi il 12 luglio del 1742.
Il suo governo durerà sedici anni. Furono tanti i benefici fatti di cui anche la promozione e vantaggi sul Seminario. Oltre all’ingrandimento e l’abbellimento dell’edificio cominciò a dare al nostro seminario l’aspetto di un vero e proprio istituto di istruzione letteraria e scientifica. In quanto alla disciplina propose soggetti di una certa eloquenza e prudenza, che avevano appreso l’arte di educare non dai trattati di pedagogia, ma dall’orazione ai piedi della croce. Affidò la cura dei giovani ai padri del Collegio dei Gesuiti.
Questo modo di insegnare e provvedere per i ragazzi condusse i padri di famiglia a mandare i propri figli in questo istituto.
L’opera più importante fu la costruzione, fin dalle fondamenta, dell’ala settentrionale del Seminario, con un non grande, ma artistico atrio in galleria e con il superbo prospetto principale, con portici a doppio ordine , che rendono l’edificio imponente, elegante e di ornamento della piazza del Duomo.
Per abbellire il quarto della suddetta piazza, di fronte al lato occidentale del Duomo, lo stesso M.r Stella fece costruire, a suo incoraggiamento, il prospetto del palazzo del comune, in armonia con il prospetto del Seminario.
L’architetto fu Giovan Biagio Amico di origine trapanese. Il Safina affermava nell’opera La Sicilia Sacra che la Cappella del seminario fosse stata costruita da Mons. Stella, ma nella stessa opera rivista nel 1900 afferma diversamente. Si legge che fu costruita dal vescovo Ugo Papè.
Con mons. Giuseppe Stella aumentò nel giro di pochi anni il numero dei giovani da 20 a 30, e nella relazione della sua visita ad Sacra Limina presentata l’8 agosto 1746 si legge: “… mi sono vivamente interessato di costruire un edificio più ampio e molto più splendido di seminario… attualmente convivono 80 chierici tra alunni e convittori”.
Dai documenti non si ha solo l’aumento dei chierici, ma anche delle cattedre di insegnamento. Si inizia a frequentare, dopo le prime spinte di Mons. Castelli, la Retorica, l’Umanità (belle lettere), Filosofia, Teologia scolastica e morale, Diritto canonico e civile.
L’aumento dei giovani richiese, per la parte disciplinare, l’aumenti dei superiori, e il 16 dicembre del 1754 accanto al rettore compare per la prima volta la figura del vice-rettore: il sac. D. Sebastano Rizzo.
Sotto il governo di Mons. Stella e con l’indirizzo nuovo e vigoroso dato al seminario e dai superiori, l’istituto cominciò a gareggiare con gli altri istituti, come Monreale, Palermo, Agrigento, Catania e Siracusa.
Mons. Stella morirà a Palermo il 7 settembre del 1758. durante la sede vacante venne eletto il vicario capitolare l’arcidiacono D. Francesco Burgio.

III Il Seminario sotto i vescovi Girolamo Palermo e Michele Scavo (1759-1771)

La sede vacante durò da settembre 1758 al febbraio del 1759, nel quale mese, il giorno 14, fu nominato dal re Carlo III, re di Napoli e di Sicilia, per mezzo dell’elezione confermata dal Papa Clemente XIII, il nuovo vescovo di Mazara del Vallo mons. Girolamo Palermo. Il quale venne consacrato a Roma in data 4 aprile 1759 e il giorno 28 dello stesso mese prese possesso del vescovado.
Il nuovo vescovo ebbe cura: Dell’istruzione dei fanciulli. Del seminario. Della pubblica cultura. In quanto alla cultura del Clero e del laicato fondò lo stesso vescovo, nel 1762, un’accademia dal titolo Selinuntina, con l’obbligo che i membri si riunissero ogni mese in giorni determinati per occuparsi di storia primariamente sicula e municipale, e di argomenti scientifici e letterari
Per quanto riguarda il seminario, il Monsignore trovò, regola e disciplina, ottime le scuole affidate ai professori del Collegio dei Gesuiti. Avendo a cura che i giovani chierici si perfezionassero nello studio dei sacri canoni aggiunse una scuola di giurisprudenza canonica, pagando con il proprio denaro per le lezioni quotidiane degli alunni.
Delle cattedre esistenti e di quelle da lui aggiunte ne parla lo stesso vescovo in una lettera indirizza alla Santa Sede in data 13 agosto 1764: “Beatissimo Padre… ho ampliato e ridotto in miglior forma il Seminario… si coltiva un gran numero di Chierici, centoventi. Gli studi sono: la Grammatica, l’Umanità, la retorica, la Teologia morale, scolastica e Dommatica, il Diritto canonico e civile, il Canto gregoriano. A questi insegnamenti ho aggiunto la Sacra Scrittura…”
Un altro importante gesto, sempre nei confronti del seminario, compiuto da parte del vescovo Palermo, fu quello di farsi concedere da parte del Generale della Compagnia di Gesù al Collegio di Mazara la facoltà di conferire la laurea i filosofia e sacra teologia.
Dal 1759 al 1767, sotto quasi tutto il governo di Mons. Palermo e del primo biennio del suo successore, il Collegio di Mazara raggiunse il massimo grado del suo sviluppo e divenne un vero ateneo, frequentatissimo, specialmente dopo l’ottenuta facoltà di conferire i gradi accademici.
Mons. Palermo completò l’ala settentrionale del seminario, aggiungendovi nuove aule: sistemo, sembra, il piccolo ma artistico atrio retrostante, costruito pure a portici. Anche la scala di accesso al piano superiore fu fatta in questo periodo.
Come governo del seminario, dapprima, confermò dal 1759 al 1762 il can. Giuseppe Russogià preposto alla direzione dell’istituto da Mons. Stella nel 1754. Ritiratosi, Mons. Palermo nomino suo successore il canc. Sebastiano Rizzo.
Rizzo resse il seminario fino al 17 settembre 1765. dopo di lui fu rettore Francesco Russo di Mazara, poi nominato canonico curato della cattedrale 11 febbraio del 1766. in questo periodo abbiamo come vice-rettore il sac. Vito Rallo, il quale diverrà rettore nel 1781.
Purtroppo mons. Palermo non poté vedere tutti i suoi frutti, poiché avendo una grande e profonda dottrina giuridica, fu costretto dal re Ferdinando di Napoli , a diventare Giudice della R. Monarchia e dell’Apostolica Legazia in Sicilia. Così il mons. fu costretto a rinunciare al vescovado di Mazara; rinuncia che Clemente XIII accolse.
Mons. Palermo cessò di vivere a Palermo il 10 novembre del 1777, a succedergli a Mazara fu eletto dal re Ferdinado III di Napoli, nel 1776, e consacrato da Clemente XIII, Mons. Michele Scavo, il quale a Palermo era stato canonico della Metropolitana, Giudice interinale di Monarchia, Inquisitore provinciale e promotore di fede, Vicario Generale e poi capitolare durante la sede vacante.
Prende possesso del vescovado di Mazara l’8 settembre del 1766; si recò in sede il 31 ottobre, e le cerimonie, essendo arrivato in ritardo furono eseguite il 9 novembre.
Mons. Scavo ebbe cura del Seminario, sia per farvi germogliare la pietà, sia per far fiorire tutti quegli studi che diedero un nome al nostro Ateneo e dotti sacerdoti alla Diocesi. Istituì, nel 1767 la cattedra di Morale. Come rettore propose il sac. Francesco Tardia di Palermo.
Il suo governo durò appena due anni 1766-68. Fu intanto una fortuna per Mazara, in quanto nel 1767 avviene la soppressione della Compagnia di Gesù, e quindi la chiusura del Collegio, dove i giovani del seminario di Mazara venivano istruiti. Mons. Scavo, aiutato da Tardia, ampliò il seminario con un incredibile sollecitudine pensando a stabilire in esso un corso di studi quanto più completo. Sempre gli stessi pensarono ai docenti e alla costruzione della cappella del Pio Istituto.
Per quanto riguardo lo studio secondo quanto viene accennato nella relazione del 1779 e dal libri dei contabili del 1763-1773, le scuole istituite nel nostro Seminario nel 1768 furono le seguenti: - Teologia Dommatica. - Filosofia e Matematica. - Umanità. - Grammatica.
Invece per quanto riguarda la costruzione della Cappella il capomastro fu La Grassa. I lavori furono eseguiti tra il 21 aprile del 1769 al 29 gennaio del 1771: almeno con tali date furono il primo e l’ultimo pagamento. Gli stucchi della medesima cappella furono eseguiti dal maestro don Giuseppe Russo da Castelvetrano, come risulta dall’ultimo pagamento il 10 luglio del 1771.
Il merito principale del rettore Tardia fu quello di fondare nella biblioteca comunale un’accademia che aveva lo scopo sotto altra luce di rivisitare la storia della nostra letteratura. Al rettore Tardia seguì per un biennio appena il can. Giuseppe Porto, di Mazara, già vice-rettore, tesoriere e cassiere negli anni 1753-1754. Il Porto sarà chiamato a dirigere la direzione del seminario nel 1772 da Mons. Ugo Papé, successore di Mons. Scavo. Il vescovo Scavo morì il 1° dicembre del 1771 all’età di 66 anni.
Nel 1770, sotto il governo di Mons. Scavo, la direzione dell’istituto venne affidata al sac. Michelangelo Caracappa di Mazara. Fu rettore fino al 1772 sotto il nuovo vescovo Mons. Papè.

Parte terza
Il Seminario dalla 1a alla 2a sua epoca d’oro
(1772 -1 845)


I Periodo d’oro del seminario sotto il governo Di M.r Ugo Pepè

Poco più di un anno di sede vacante in Mazara a causa della morte di Mons. Scavo la Santa Sede provvide per la nomina del nuovo vescovo. La nomina da parte del Re Ferdinando III caddè su Mons. Ugo Pepè, la quale venne confermata da Clemente XIV con la bolla del 14 dicembre 1772.
Mon. Papè prese possesso del vescovado il 18 gennaio 1773. il suo primo pensiero fu aprire la visita pastorale pubblicando il 18 aprile dello stesso anno l’editto generale che conservasi allegato agli atti della sua prima sacra visita.
Da quell’anno fino al 1775 visitò tutti il luoghi della vasta diocesi, lasciando profonde orme della sua oculata ispezione.
Gettò le nuove fondamenta del palazzo vescovile, che allargò come fece in alcuni tratti della cattedrale.
Fra le cura pastorali Mons. Ugo Papè pose in prima linea il miglioramento per il maggiore sviluppo del Seminario, in tutti i suoi lati. Nulla risparmiò per raggiungere l’alta meta prefissasi, e prima di morire, ebbe la meritata consolazione di vedere il Seminario elevato ad un grado di sviluppo mai raggiunto nel passato e che solo poté ripetersi più di mezzo secolo appresso, sotto il vescovo Mons. Antonio Salomone.
Dalla relazione della visita ad Sacra Limina del 17 gennaio 1778 si legge:“… vi si coltivano un gran numero di chierici, circa 130. Gli studi con cui si istruiscono con i giovani sono: Grammatica, Lettere umane, Retorica, Filosofia, Teologia sia morale che scolastica, Dommatica, Diritto canonico e Canto Gregoriano; io ho aggiunto Maestri e Moderatori degli studi molto insigni, per quanto è stato possibile, aggiungendo anche del proprio nuovi salari…”
A guidare il Seminario vi è come rettore il rev. can. Teologale D.r D. Giuseppe Porto e il vicerettore sac. D.r D. Vito Rallo.
Si trova animato attualmente il detto Seminario da 138 seminaristi: - Teologi: 25 - Filosofi: 9 - Moralisti: 20 - Rettorici: 22 - Grammatici umanisti: 16 - Grammatici della seconda scuola: 15 - Grammatici della prima scuola: 21
Ressero il Seminario, successivamente, sotto il Vescovo Papè i seguenti capitolari: Giuseppe Porto fino al 1781 (morirà a Mazara il 12 ottobre del 1783); don Vito Rallo dal 1781 al 1784 (lasciò la carica non si sa per quali ragioni; ma nel 1768 la riassunse sotto il nuovo Vesc. Mons. Orazio La Torre e la tenne fino al 1804); Giuseppe Renda iniziò il rettorato l’anno 1784, anche se la carica vera e propria gli fu affidata il 24 dicembre 1789; resse il seminario fin al 20 marzo 1791.
Durante il rettorato del Renda fu coadiuvato, come vice rettore da Don Vincenzo Bonsignore. Mons. Giuseppe Renda morì a mazara il 18 febbraio 1826, all’età di 83 anni. Gli succederà don Terranova.
Il vescovo Papè fu anche sollecito dell’ampliamento dei locali del seminario divenuti già insufficienti, sotto il suo governo per l’aumento numero degli alunni che da ogni parte della vasta diocesi vi affluivano. In una relazione del 1775 si legge “vi sono preseti in questo seminario 8 saloni capaci di ospitare 130 seminaristi comodamente”.
Accresciutosi notevolmente il numero delle richieste per l’ammissione dei chierici ( alunni e convittori) nel fiorente collegio diocesano, il vescovo dispose che un parte del palazzo vescovile fosse destinata ad abitazione di quei seminaristi che non potevano essere contenuti nel pur vasto fabbricato del nuovo seminario.
Il nuovo e spazioso camerone fu costruito nella parte orientale del palazzo vescovile, con due grandi finestre che davano sulla piazza del Duomo ( ora piazza municipio), proprio di fronte all’ala nord-est del seminario Il Seminario propriamente detto e l’episcopio, come venne nominato il nuovo camerone erano capaci di contenere più di 200 alunni, tra seminaristi e convittori.
Per provvedere alle nuove rendite il pio istituto, così grandemente accresciuto, il vescovo Papè vi aggregò diversi benefici. Dapprima, con la bolla del 2 febbraio 1775, unì al seminario i tre benefici di S. Agata, Maria SS. dei Miracoli e S. Basilio con del 23 febbraio 1784 e infine vi aggregò la cosiddetta Messa Meridionale fondata nella Cattedrale dal Mons. Giovanni Monteaperto dei baroni di Raffadali. Il possesso, da parte del seminario non fu ne facile ne immediato ne pacifico.
Mons. Papè contribuiva per il bene economico del seminario attraverso elargizioni straordinarie e spontanee. Il bilancio di chiusura dell’anno 1782 fu di lire 19.846.35.
Un’altra benemerenza del vescovo Papè fu nella donazione dei propri libri alla biblioteca della Congregazione dei Preti di Mazara e conseguentemente a quella del seminario. Prova questo della sollecitudine della maggiore cultura in quel tempo di risveglio degli studi in ogni campo del conoscibile.
Altra notevole e illuminante atto di governo fu il riordinamento dell’archivio vescovile dove si conservano preziosi documenti di storia diocesana e civile.
Nel 1792 fece elencare e trasportare tutti i fascicoli e i registri, che erano conservati nell’antico archivio della curia vescovile, nei nuovi armadi a sue spese fatti costruire, in due stanze a pian terreno del palazzo dei vescovi, dove tuttora si conservano.
Il Mons. Papè è ricordato anche per il riscatto pagato ai turchi per i siciliani tenuti schiavi. Nel dicembre 1790 il Mons. si recò a Palermo dove cadde ammalato e mori il 13 gennaio 1791. Durante la sede vacante fu eletto come vicario capitolare Mons. Francesco Saverio Vita da Castelvetrano il quale il 3 dicembre 1792 diverrà vescovo titolare di Filomelia.

II Il Seminario sotto l’episcopato di Mons. Orazio La Torre (1792-1811) e nella sede vacante

Il successore di Mons. Papè fu il mons. Orazio la Torre, nato a Palermo il 31 marzo del 1742. all’età di 50 anni venne eletto vescovo della diocesi di Mazara del Vallo dal re Ferdinando IV di Napoli e consacrato da Pio Vi l’8 dicembre del 1792. prese possesso del vescovado il 29 dello stesso mese.
Il mons. iniziò il suo governo con atti di munificenza, che vale la pena ricordare: evitò le usure, ristabilì il monte di pietà, abbellì alcune parti della Cattedrale, ingrandì e decorò il santuario della Madonna del Paradiso, adornò le strade della città. Assegnò lire 1.275 ai coristi della cattedrale.
Mons. La Torre a favore del seminario e dei chierici seminaristi costruì la nuova cappella poiché la “vecchia” cappella di San Giovanni era divenuta piccola in quanto all’aumento dei seminaristi (tale luogo sarà usato come camerone).
Il pio e generoso vescovo fece costruire di sana pianta la nuova cappella molto più spaziosa ed artistica. Essa di forma ovale ed in ciascuno dei lati principali fu incavato un altare.
L’Altare maggiore, nel 1800, fu dedicato al Sacro Cuore di Gesù, raffigurato in un grande quadro ad olio. La volta a forma di un ottagono regolare. Sistemò il lato orientale del seminario, e lasciò un vasto podere per l’istituzione di sacri patrimoni.
La necessità dell’ampliamento e della sistemazione dei locali venne ad imporsi dall’applicazione delle recise disposizioni dello stesso vescovo: “”da oggi innanzi non saremo più per promuovere agli ordini, se non coloro i quali verranno nel nostro seminario per acquistar la scienza e la buona educazione, o che abbiano in esso compiuto il corso degli studi, o che vi abbiano dimorato per lo spazio di tre anni”.
Il vescovo, non contento di veder consolidato ed accresciuto il patrimonio del seminario, istituì a loro beneficio dei sacri patrimoni perpetui a 4 chierici seminaristi eletti a concorso.
Mons. La Torre diede molta importanza alla pietà dei chierici, e per questo emanò delle circolari piene di unzioni, ma allo stesso tempo molto severe.
Sotto il vescovo La Torre ressero il seminario il can. Leonardo Rizzato sino al 1798, il can. Vito Rallo da quell’anno sino al 1794, il can. Antonino Terranova, per solo un anno, ed in ultimo il can. Vito Calafato. Quest’ultimo rialzò le sorti del seminario nel momento in cui esso incominciava a decadere dallo splendore a cui l’aveva portato il vescovo Papè. Egli ricorse a due rimedi: l’assunzione della direzione degli studi e della scelta di buoni Maestri.
Il Calafato ebbe come coadiutore, dal 1810 al 1814, il canc. Alberto Coppola che fu vice rettore e prefetto degli studi.
Due generosi atti del rettore Calafato furono il dono di tutti i suoi libri alla biblioteca, e il dono dei sacri patrimoni a beneficio dei chierici della città. L’insigne uomo avrebbe avuto altre promozioni e cariche se la morte non lo avesse rapito il 2 agosto del 1814.
A lui succederà il can. Alberto Coppola, ex vicerettore, la sua nomina durerà pochi mesi, infatti morì il 23 dicembre 1814.
L’episcopato di Mons. La Torre va segnalato per le molteplici opere: si deve a lui il Santuario della Madonna del Paradiso, l’evoluzione e l’ingrandimento e la decorazione del seminario e della Cattedrale. Il vescovo La Torre morì in Mazara il 21 dicembre 1811.

III Rallentato sviluppo del Seminario sotto il vescovo Emanuele Custo e nella sede vacante (1816-1832)

A mons. La Torre nel 1816 succede un altro palermitano, anch’esso di nobile famiglia, mons. Emanuele Custo. Venne eletto dal re Ferdinando III e consacrato dal Papa Pio VII nello stesso anno.
Sua eccellenza prenderà possesso della diocesi di Mazara il 16 ottobre del 1816, e si recherà nella suddetta diocesi nei primi di dicembre.
Appena prese possesso confermò il rettore in carica Giuseppe Marsiglia, originario di campobello, il quale era stato nominato dal vicario capitolare il 7 maggio del 1815, durante la sede vacante del vescovo La Torre. Il Marsiglia reggerà l’istituto fino al 2 giugno del 1817. Oltre ad essere sacerdote era anche medico, e riuscì bene a conciliare i due uffici.; fu medico dell’anima e del corpo. Il 4 febbraio del 1832 ritornerà alla casa del Padre. E sarà succeduto come rettore dal can. Gaspare Grassa, uomo di lettere ed il più illustre membri del capitolo della Cattedrale, nato a Mazara il 17 ottobre del 1770.
Curò con zelo la disciplina e gli studi dell’istituto, ma a causa di una paralisi lo tolse da vivo ai viventi inchiodandolo ad un letto per circa mezza vita. Morì il 13 giugno, all’età di 67 anni, a Mazara.
Gli succederà il canc. Paolo La Rosa, che del seminario fu dapprima professore e prefetto degli studi. Richiamato a Mazara dal vescovo Custo, nel 1819 gli fu affidata la direzione del seminario, che tenne con onore fino al 1827. Uomo che fin da giovane età si dedicò alla formazione dei giovani insegnando dogmatica e diritto. Fu aiutato nel suo governo dal vicerettore can. Francesco Morello e poi dal dott. Ignazio Saladino, suo conterraneo ed amico che in seguito sarà suo successore. Mons. La Rosa morirà a Mazara il 9 gennaio del 1839. Ebbe meriti non solo per quanto riguarda il seminario, ma anche per aver chiamato in diocesi le migliori menti.
Nel 1827 il rettore La Rosa, per volontà del vescovo Emanuele Custo, sarà succeduto dal can. dott. Ignazio Saladino. Mostrò grande attività e zelo, come aveva fatto del resto quando era vicerettore. V’insegno per molti anni lettere umane, e poi retorica fino ala morte che avvenne l’11 novembre del 1831, all’età di 60 anni. Ebbe come collaboratore il dotto sacerdote Giuseppe Causi, dottissimo predicatore quaresimale. Di lui si sa che fece ben trentadue quaresimali in importanti pulpiti della Sicilia. Ricomparirà come vicerettore nel 1840 con valenza di rettore, e dal 1838 al 1841 sarà professore di teologia morale.
Ritiratosi il can. Saladino dalla direzione del seminario, questa fu affidata al vicerettore can. Giacomo Russo, che la tenne per un solo anno, cioè fino alla chiusura anticipata del seminario per le vacanze, maggio 1829.
Il 22 febbraio 1834, quando si ritirò dall’Istituto l’arciprete D. Vito Ansaldi, il Russo fu nominato rettore provvisorio dal vescovo M.r Scalabrini. Solo in un secondo memento sarà nominato, dal vicario capitolare D. Antonino Pampalone, come rettore titolare e prefetto degli studi.
A Russo succederà il can. Ignazio D’Oca, il quale sarà rettore per una seconda volta dal 1838
al 1841. Era laureato in sacra teologia; uomo difficile per severità e dignità, non tollerava le ingiustizie ed infrazioni che andavano contro le leggi e le disposizioni del regolamento.
Dalle fonti si rivela che fu un uomo che ebbe diversi incarichi di fiducia da ben tre vescovi (Mons. La Torre, Custo e Scalabrini).
Nominato rettore del seminario e prefetto degli studi a principio degli anni 1829-30, dal vicario capitolare tesor. Giuseppe Poma, occupò le due importanti cariche sino al 1833. non si sa per quale motivo lascerà l’incarico a principio dell’anno scolastico 1833-34, venendogli dato come successore il can. dott. Vito Ansaldi, arciprete di Salemi.
Il dell’Oca morirà da Arcidiacono della Cattedrale nell’anno 1854, aveva 70 anni.
Lo stato degli studi in Mazara nel primo trentennio dell’800 ci vengono testimoniate dallo scrittore castelvetranese Giovanni Errante Parrino il quale scrive: “ Gli studi elementari di lettere erano assai lontani nella materia e nel metodo dalla perfezione attuale, colpa dei tempi e dei pochi lumi di allora in Sicilia in fatto di pedagogia letteraria. Licei pubblici pochissimi, scuole private in mano a dei mediocri perché erano senza metodo… Nel primo trentennio del nostro secolo l’istruzione letteraria e scientifica era rappresentata in tutto dal seminario diocesano, così che si può affermare che lo stato di quell’unico luogo pubblico di studi determina le condizioni letterarie di allora nella nostra città”.
Si può affermare che il seminario diocesano era ancora il principale istituto di studi di Mazara e nella Sicilia occidentale.
Dal seminario gli alunni, che vi avevano compiuti gli studi letterari e scientifici, potevano avere l’ammissione all’Università di Palermo, eretta nel 1805, senza sostenere alcun esame. I chierici vi andavano a frequentare la Facoltà di filosofia e di teologia, per fornirsi dei titoli, accademici necessari al conseguimento di alcuni benefici, per l’insegnamento nelle cattedre dottorali e per occupare cariche che richiedessero la laurea in diritto canonico.
Gli alunni o convittori, che si svestivano dell’abito clericale, si recavano a Palermo per frequentare gli studi allo scopo di conseguire la laurea in lettere, filosofia, legge o in medicina.


IV Il Seminario sotto il vescovo Luigi Scalabrini e nella sede vacante (1834-1844)

Del vescovo Custo il Cenno storico ci fa sapere che oltre a donare l’argenteria alla Chiesa Cattedrale e all’Ospedale, lasciò la sua biblioteca al Seminario dei Chierici. Questo dono dimostra il suo interesse per il Seminario e per la formazione dei futuri sacerdoti.
Mons. Custo morirà a Palermo l’8 luglio 1829. A succedergli sarà Mons. Luigi Scalabrini, 61° vescovo della diocesi di Mazara, nominato da Ferdinando II, re di Napoli, il 12 agosto 1832 e consacrato da Gregorio XVI, il 17 dicembre dello stesso anno. Fu un uomo dolce nel suo governo, attento a beneficare, e compassionevole alle indigenze altrui; largo nelle elemosine. È fautore della costruzione dell’ala meridionale del seminario in prospetto del mare. La suddetta ala non ha loggiato, ma spaziosi balconi. Qui ebbe sede l’antico convitto vescovile SS. Salvatore, dal 1896 al 1907, in tempi successivi dal 1922 al 1933 si ebbe il convitto Conte Ruggero; e poi per parecchi anni furono adoperati come uffici per il comune.
Il mons. lasciò anche tanto di quel denaro che poté bastare per la formazione del nuovo coro e del nuovo pulpito della Cattedrale, oltre quello che doveva servire per la costruzione del Porto.
Oltre l’ingrandimento dell’istituto, il vescovo Scalabrini, si preoccupò della buona direzione del seminario affidandolo, nel 1833, il compito di rettore al can. dott. Vito Ansaldi di origine salemitana. Costui fu Sindaco Apostolico.
Esaminatore Pro-Sinodale, Vicario e Visitatore dei Monasteri. Era dottore in sacra Teologia dommatica e morale, nonché di diritto canonico. Era uomo dotto ed erudito. Tenace nel servizio e talvolta inflessibile, rigido osservatore degli uffici di cui gli erano stati affidati.
L’Ansaldi resse il seminario per poco tempo e precisamente dal 22 dicembre del 1833 al 22 febbraio del 1834 per riprendere la missione di cura delle anime. L’insigne uomo divise il suo affetto e i suoi beni tra la Matrice di Salemi ed il Seminario di Mazara, a questo lasciò la sua ricca biblioteca e ben quattro borse di studio da assegnarsi ai chierici che facessero sperare per l’assistenza spirituale in patria propria.
Dopo il ritiro di Ansaldi, la direzione del seminario venne affidata, il 24 febbraio del 1834, al can. curato Giacomo Russo, marsalese di origine, che oltre alla carica di rettore lo stesso vescovo gli affidò la cattedra di retorica. Morirà a Mazara il 14 aprile del 1846 all’età di 69 anni.
Costui fu rettore dal 1828 al 1829, poi nel 1834, e infine nell’anno scolastico 1844-45 nella sede vacante del vescovo Scalabrini.
A lui successe nell’anno scolastico 1834-35, come rettore effettivo, il can. Ignazio Sansone, che occupò la carica fino al 1837, nel quale anno il seminario venne chiuso a causa del colera che inferiva in tutta la Sicilia. Nell’anno scolastico 1838-39, anno in cui il seminario rimase chiuso, i seminaristi rimasero al proprio paese studiando per conto proprio. Per i chierici di Mazara furono impartite in quell’anno, a carico dell’istituto, soltanto lezioni di liturgia.
L’anno successivo il seminario fu riaperto, e vi fu una grande affluenza di chierici da quasi tutti i comuni; il loro numero raggiunse quasi quello avutosi nell’anno scolastico 1836-37, cioè 98 alunni.
Sempre nel medesimo anno di apertura avvenne il cambiamento del personale direttivo. In sostituzione del can. D. Ignazio Sansone, che si ritirò dopo tre anni di rettorato, fu nominato al posto suo il can. D. Ignazio D’Oca. Costui, uomo di carattere fermo e dignitoso, ma anche burbero, istruito nelle materie teologiche e di pensiero molto libero.
Sotto il suo rettorato fu dato grande impulso nelle esercitazioni declamatorie ed alla rappresentazioni teatrali, che si tenevano nello stesso seminario. I chierici in questo spazio di tempo venivano formati alla predicazione, non solo nella cappella interna del seminario e nelle chiese pubbliche,, ma anche all’aperto, in alcune piazze della città dove si tenevano discorsi e sermoni. Un altro esercizio importante per i chierici era quello di fine anno, la cosiddetta “Conclusione teologica”.
Ai chierici del corso teologico alla fine dell’anno, con grande importanza e solennità, in Cattedrale, alla presenza di autorità locali, le nobiltà del paese ed il ceto intellettuale partecipano alle disquisizioni teologiche. Ai discorsi poteva intervenire il pubblico creando anche delle dispute. Una che merita grande memoria è quella tenutasi il 30 maggio 1840 alla presenza di mons. Scalabrini ed il cui protagonista fu il principe della teologia Simone Corleo che sconfisse gli obbiettanti.
Questo prodigioso alunno diverrà professore di filosofia, matematica e diritto. Nacque a Salemi il 2 settembre del 1823; fece i suoi primi studi presso i PP. Gesuiti. Questo giovane non ebbe un percorso facile. All’età di dieci anni rimase orfano di padre, ed a questa perdita si aggiunse una estrema povertà. La madre, donna forte e di grande fede, prese il figlio e da Salemi si reco a Mazara dal vescovo, il quale ebbe grande compassione e promise di aiutarlo suggerendo al piccolo Simone di presentarsi al concorso per una borsa di studio o piazza franca, come allora si chiamava.
All’inizio dell’anno scolastico 1840-41, il vescovo Scalabrini chiamò a reggere il Seminario al posto dell’arcidiacono D’Oca il ciantro dott. Antonino Pampalone da Calatafimi, aveva 67 anni. Il Pampalone chiamò in seminario per l’insegnamento le migliore intelligenze della diocesi, riformò gli studi, ristabilì la disciplina e mantenne di tasca propria non pochi seminaristi. Durante il suo rettorato continuarono a tenersi concorsi per il principato in filosofia e teologia, e nelle cattedre pubbliche dispute teologiche, con molta solennità e grandi presenze di intellettuali. Fu un uomo che si immolò per amore. Il dott. Pampalone resse il seminario per un biennio. Morirà a Calatafimi nella notte del 20 settembre del 1852, all’età di 78 anni.
Nella sede vacante del vescovo Scalabrini, morì il 4 luglio del 1842 all’età di 75 anni, fu eletto vicario capitolare il ciantro Antonino Pampalone e funzionò come rettore per la terza ed ultima volta il can. Giacomo Russo, sino al 1844.
Nella sede vacante del vescovo Scalabrini fu decretato un doppio smembramento dell’antica Diocesi di Mazara. Il primo smembramento in forza della bolla “ In suprema militantis Ecclesiae” di papa Gregorio XVI del 20 maggio del 1884, furono aggregati all’arcidiocesi di Monreale i comuni di Borgetto, Capaci, Carini, Cinisi, Partinico, Terrasini, Balestrate, Torretta e Valguarnera Ragalì, in tutto 9 centri abitati, con una popolazione complessiva di 50.000 abitanti.
Con un’altra bolla, del 31 maggio del 1844,“Ut animarum Pastores”, fu tolto alla diocesi di Mazara l’intero territorio della nuova diocesi di Trapani, con 6 comuni: Trapani, Monte San Giuliano (ora Erice), Paceco, San Lorenzo (attuale Xitta) e l’isola di Favignana (con Levanzo e Marettimo) e Pantelleria, con una popolazione complessiva di 50.000 abitanti.
Pertanto dai due smembramenti la diocesi di Mazara da 29 comuni si troverà ad averne 14.
Questi smembramenti recheranno al Seminario di Mazara una riduzione del numero di studenti di teologia, in quanto i giovani chierici della diocesi di Trapani e dei suoi comuni dipendenti non faranno più riferimento al seminario di Mazara.

Parte IV
Il seminario nella sua 2a epoca d’oro sotto il vescovo Antonio Salomone
(1845-1858)


I Il Seminario dopo le riforme introdottevi dal vescovo Antonio Salomone

Dopo due anni e mezzo di sede vacante venne nominato da Ferdinando II il vescovo di Mazara un insigne canonico del capitolo cattedrale di Avellino, D. Antonio Salomone, uomo di profonda pietà, di cultura e di saggezza.
Al sovrano decreto seguì la bolla di Papa Gregorio XVI, il 20 gennaio 1845 e messa in esecuzione in Palermo il 3 marzo seguente. Si recherà in sede in giugno dello stesso anno trovandosi una diocesi dimezzata.
Una volta consacrato vescovo, sceltosi il vicario generale, Mons. Salomone rivolse il suo pensiero al seminario, luogo dove dovevano formarsi ed uscire i nuovi sacerdoti.
Visitò ed ispezionò il Seminario vedendo le decadenze, dalla poca pulizia alla poca educazione civile.
In seguito ad alcuni avvenimenti spiacevoli licenziò il personale dirigente ed il corpo insegnante, furono mandati a casa tutti gli alunni ai rispettivi paesi senza speranza di ritorno.
Il can. Russo Giacomo rettore e prefetto degli studi venne licenziato insieme ai suoi ministri dipendenti ritornando alla cura d’anime. Il Russo morirà a Mazara il 31 luglio 1850.
Vennero licenziati tutti i professori sia di teologia che quelli di filosofia, anche se qualcuno poi venne richiamato nell’anno scolastico 1846-47.
Il vescovo nominò rettore del seminario suo fratello D. Carmelo Salomone, e come vicerettore scelse il can. Giuseppe Ingianni da Marsala affidandogli anche la direzione degli studi e l’insegnamento dell’Eloquenza. L’Ingianni doveva affiancare il fratello del vescovo, il quale non aveva né eloquenza, né ingegno e nemmeno cultura.
Nel primo anno di governo del Mons. Salomone, in base ai pagamenti degli stipendi, non dovette funzionare il corso di teologia. Il seminario venne aperto nell’anno 1846-47 con la presenza di dodici alunni, tutti nuovi. È l’anno in cui viene applicata dal vescovo la riforma degli studi con l’istituzione di nuove cattedre e con la scelta di nuovi professori. Questo è l’anno che segna il reale splendore del seminario di Mazara, che assunse fama e che poté gareggiare con gli altri seminari della Sicilia.
In questo periodo gli alunni che entravano in seminario erano ritemprati ai forti valori, nascevano a vita nuova, le menti si aprivano agli ideali, si infiammavano i cuori agli affetti elevati, si palpitava per la patria; era luogo dove si pensava con la propria testa, ad avere un carattere; da questo luogo si portava un prezioso tesoro intellettuale e morale, un fuoco di italianità, di libertà, di progresso, di umanità, che la Fede santifica, non combatte né spegne.
Le riforma apportate dal vescovo si estesero anche all’adozione di nuovi metodi, la scelta dei libri di testo, al rendimento dei professori ed alla feconda gara degli alunni. Per questo il sapente Mons. Salomone istituì i cosiddetti Saggi annuali di Scienza e di Lettere che venivano letti alla fine dell’anno davanti alle autorità locali, del capitolo e del clero, e di tutti gli intellettuali del tempo.
Di fatto Mons. Salomone diede un grande impulso per lo studio della lingua italiana, della letteratura e dei migliori classici italiani: studi particolari su Dante, innovazioni al corso di filosofia, con l’ampliamento della matematica con Aritmetica e Geometria. Si ebbe ampio sviluppo delle lingue classiche sia latino che greco con lo studio dei classici, si studia lingua antica ebraica. Introdusse lo studio dell’arte e della critica letteraria e portò al massimo grado lo studio dell’insegnamento dell’Estetica. A queste lingue obbligatorie aggiunse alcune facoltative: lingua francese e calligrafia.
Intanto al seminario si creava una bella fama, ed i migliori della provincia di Trapani vi collocavano il loro figli, i quali già sorpassavano il numero di 100.
In questo periodo vennero acquistati le opere di tutti i classici italiani, latini e greci, per cui si arricchì la biblioteca del seminario, che fino ad allora conteneva opere teologiche e altre esclusivamente ecclesiastiche.
Il mutamento del governo della diocesi mazarese cambierà nel 1858 quando il vescovo Salomone sarà promosso ad arcivescovo di Salerno, con sovrano decreto del 13 dicembre del 1857. occuperà questa sede fino alla morte avvenuta a Napoli il 9 marzo del 1872.
A proposito delle cure avute per il seminario di Mazara, nell’elogio funebre, così scriveva il can. Liborio dè Baroni: “Monsignore giustamente pensava, che era impossibile riformare il suo popolo se non cominciava dai suoi giovani…”.

Parte V
Il Seminario sotto il vescovo Carmelo M.a Valenti ed i successori nella sua parabola discendente
(1858-1903)


I Il 1° Periodo sino alla chiusura del seminario (1858-1866)


Appena avuta notizia del trasferimento di mons. Salomone, sotto i suoi occhi, il Capitolo, che era composto in maggioranza dai vecchi elementi, che non si erano adattati alle riforme del sapiente vescovo, elessero a vicario capitolare il tesoriere Benedetto dell’Oca, il più temuto oppositore del regime salomoniano. L’elezione avvenne il 4 gennaio 1548. costui nominò vicerettore il sac. Antonino Spagnolo da Salemi, laureato in filosofia e in teologia. Morirà l’8 maggio del 1879.
Un gesto bello e che merita il ricordo è l’accompagnamento da parte dei seminaristi per il vescovo uscente fino al Ponte detto di Campobello.
Con decreto del re Ferdinando II e con la bolla di Papa Pio IX, del 27 settembre del 1858, viene nominato vescovo di Mazara il rev. P. Carmelo Maria Valenti della congregazione del SS. Redentore.
Il Valenti prima di recarsi in sede, conferì in Roma o a Napoli, non si sa bene, con mons. Salomone e volle essere informato di tutto quanto riguardava l’andamento della diocesi. mons. Salomone a cui premeva molto le sorti del seminario, in quell’occasione designò come rettore del pio Istituto il can. Melchiores.
Il vescovo Valenti accolse subito e di gran cuore la proposta e rientrato in sede e riaprendo il seminario per l’anno scolastico 1858-59, pone il 25 ottobre del 1858 sotto la direzione del pio Istituto come rettore e prefetto di studi il can. Pietro Melchiores di Palermo.
Lasciando stare le sue vicissitudini per ideali politici e spogliazione dell’abito monacale, nel periodo che dimorò in Mazara diede lezioni di lingua francese e dine voleva dare anche di lingua spagnola. Nel 1862, 4° anno scolastico sotto il nuovo governo, lo troviamo insegnante di Dommatica, storia ecclesiastica, esegesi biblica al corso di teologia e storia sacra ed aritmetica nei corsi inferiori.
Nel suo insegnamento aspirava nell’animo dei giovani l’amore per Dio e per la patria, il culto del bello ed i più bei sentimenti della filantropia. Uomo che dormiva poco la notte perché amava prolungare le conversazioni scientifiche fino alla metà della notte.
La sua morte fu repentina, il 7 dicembre 1862 venne rapito all’affetto dei superiori e dei suoi alunni che lo veneravano.
I seminaristi oltre all’affetto ne vollero un ritratto fatto eseguire a proprie spese ed un mezzo busto di cera per esternare la memoria.
Dopo la morte di Melchiores assunse la direzione del Seminario come vicerettore Giovanni Errante Parrino da Castelvetrano, e l’anno seguente come rettore e prefetto degli studi coadiuvato dal vicerettore il sac. Gaspare Storiano da Marsala.
Nel Precursore di Palermo (Anno II n° 13) si dice contro mons. Valenti: “di aver fatto indietreggiare il Seminario perchè la troppa istruzione rende i giovani preti non sinceri e non felici”.
Per il vescovo non è la troppa istruzione da temere, ma la falsa scienza perché questa fa inciampare e deviare.
Purtroppo le buone intenzioni del vescovo non ebbero attuazione. Nel Saggio di Scienze e Lettere tenuto in pubblico nel giugno del 1861-62 si legge la seguente nota: “ Per particolari circostanze quest’anno non ebbero luogo la Cattedra di Fisica sperimentale, di Matematica, di Storia Naturale e delle Lingue Ebraiche e Greca. Il seminario ha un piccolo, ma scelto gabinetto di Fisica”. Neppure nell’anno 1862-63 si aprirono le suddette Cattedre.
Solo all’inizio dell’anno scolastico 1863-64 sotto il nuovo rettore Giovanni Errante Parrino furono aperte tutte le predette Cattedre grazie alla riforma dell’ordinamento degli studi: “ Tutto l’insegnamento del Seminario, dopo le tante riforme, che dal 1845 furono iniziate dal sapiente mons. Antonio Salomone si divide in quattro sessioni.
La prima sessione è delle Scienze Sacre che abbraccia cinque Cattedre: 1) Teologia Dommatica; 2) Diritto Canonico; 3) Teologia Morale; 4) Esegesi Biblica; 5) Storia Ecclesiale. Il corso era di tre anni.
La seconda sessione è delle Scienze Razionali ed è composta da sette Cattedre: 1) Filosofia; 2) Dirtitto Naturale; 3) Fisica Sperimentale; 4) Matematica; 5) Storia della Filosofia; 6) Filosofia della Storia; 7) Erudizione Scientifica Naturale. Il corso era di due anni.
La terza sessione è di Alta Letteratura ed abbraccia due Cattedre: 1) Umane Lettere; 2) Eloquenza ed Estetica. Il orso era di due anni.
La quarta sessione è delle Grammatiche che abbraccia quattro Cattedre: 1) Grammatica Suprema; 2) Grammatica Media; 3) Grammatica Infima (prima classe); 4) Grammatica Infima (seconda classe). Tutto il corso si compiva in quattro anni.
Si studi il latino e l’italiano ed è desiderio vivissimo vedere tradotto in modo graduale lo studio delle lingua greca.
Il can. Errante Parrino fu anche professore di storia della filosofia e della filosofia della storia quando era vicerettore.
Il rettore Giovanni Errante Parrino non solo iniziò a nutrire la mente dei giovani alunni del Seminario, ma anche a formare lo spirito adottando sistemi proficui ed il motto “Doctrina et vita Clarere”, fatto incidere nel timbro di rame della biblioteca del più Istituto. Dov’è: “ La Dottrina senza la vita fallo arrogante, la vita senza la Dottrina inutile la rende”. Il rettore fu aiutato nella disciplina e nell’indirizzo degli studi del Seminario dal can. D. Antonino Stampa da Mazara.
Cosi lo descrive un suo discepolo Antonio Castiglione nell’elogio funebre: “ Sin da piccola età fu mandato a scuola da laico nel nostro Seminario, e sin da allora si vide la saggezza e l’ingegno. In lui si vede l’amore e la passione per lo studio che conservò per tutto l’arco della sua vita”. Il can. Stampa morirà in Mazara il 12 giugno del 1884 all’età di 55 anni poiché venne colpito da epilessia.


II La chiusura del Seminario nel 1866 e la sua riapertura. 2° Periodo sotto il governo del vescovo M. Valenti ( 1866-1882)


Negli ultimi due anni di rettorato del can. Errante Parrino in Seminario vi furono due gravi sciagure: la morte del convittore quattordicenne Giuseppe Farina da Monte di san Giuliano, avvenuta il 25 aprile 1865, e l’improvvisa chiusura dell’ Istituto per disposizione del Governo, avvenuta nel maggio 1866. per il Seminario questa era la terza volta che si trovava a chiudere la porta, ma a differenza delle altre due questa volta chiudeva per cause politiche e per un tempo molto prolungato.
Non si sono mai sapute le ragioni vere per il quale il Governo del tempo attuò questa decisione. Sembra che l’unico motivo apparente fosse stata l’opposizione del vescovo e del rettore ad una ispezione governativa al pio Istituto ordinata dal Ministero della Pubblica Istruzione.
Altra ragione recondita della chiusura del seminario si deve trovare nella lotta subdola che un partito contrario faceva alla persona del rettore Giovanneo Errante Parrino. Purtroppo il protagonista di questa lotta fu un arciprete, e per dappiù un conterraneo dello stesso Parrino cioè don Paolo Pappalardo.
Il peggio fu che questo provvedimento sembrava durasse poco, invece si prolungo per cinque lunghi anni durante la quale il Seminario fu privato della sua amministrazione e della sua autonomia.
Chiuso il Seminario come ente morale ed istituto d’istruzione, vi rimasero nel primo anno (1866-67) soltanto i chierici che frequentavano il corso di teologia allo scopo di attendere agli studi sacri già iniziati e di prepararsi all’ordinazione. I chierici degli altri cammini della diocesi dovettero frequentare le scuole pubbliche o ricevere lezioni private.
Il guaio maggiore era per gli studenti del corso propedeutico e teologico i quali si dovevano preparare per ricevere l’ordine sacro; costoro furono affiancati da ecclesiastici degni per completare la formazione.
Si prolungava cosi da oltre cinque anni questo infelice stato di cose, senza alcuna speranza di uscita, quando per buona fortuna venne a Mazara il generale dei RR. Carabinieri Cav. Deguidi persona assai distinta. A lui fu esposto dal funzionante rettore cav. D.r Domenico Polizzi lo stato doloroso del Seminario e della diocesi. Tornato a Roma, il generale Deguidi si interesso validamente e premurosamente della delicata e pressante pratica, ottenendo un risultato favorevole.
Di fatti il Ministro della Pubblica Istruzione del tempo, Cesare Correnti, dispose con un decreto la riapertura del Seminario restituendolo alla direzione del vescovo Valenti a principio dell’anno 1871-72. con grande giubilo il 13 novembre del 1871 si riapre il Pio Istituto.
Ufficialmente compariva come rettore Domenico Polizzi, ma la direzione effettiva era affidata al can. Gaspare Storiano.
Il Polizzi nato ad Alcamo da famiglia nobile il 26 aprile 1813, avviato alla carriera ecclesiastica fu ordinato sacerdote dal vescovo Scalabrini nel 1837. ebbe diverse cariche. Era laureato in Sacra Teologia ed in Diritto Canonico. Uomo ricco, generoso ed energico, apportò opportune riforme e molti benefici tanto alla Cattedrale quanto al Seminario. Diede grande impulso all’insegnamento della sacra Liturgia e al canto gregoriano. Ancora vivente donò più di 3.000 volumi alla biblioteca. Morirà in Mazara il 7 gennaio 1898 all’età di 86 anni.
All’inizio del 2° anno dopo la riapertura del Seminario, il vescovo mons. Valenti lo affidò all’arcidiacono Giuseppe Ingianni, marsalese. Costui resse il seminario per un triennio circa. Fu un ottimo superiore, amato ed apprezzato.
Nel 1874 passò a dirigere il locale liceo classico istituito in quello stesso anno. Si sentiva effettivamente in paese il bisogno di istituire un liceo pubblico per gli alunni che uscivano dal R. Ginnasio, giacché in quegli anni i soli chierici potevano frequentare il liceo del seminario diocesano.
Con la chiusura del seminario nel 1866, il comune chiedeva che i beni del soppresso seminario venisse istituito un liceo. Tale iniziativa non ebbe esito favorevole. Si pensò allora di aprire un liceo privato; questa iniziativa partì dagli odiati preti, pur sempre benemeriti della pubblica istruzione. Il predetto liceo gratuito fu inaugurato nel novembre del 1875 precisamente nei locali superiori dell’ex collegio gesuitico. La direzione del liceo fu affidata all’arcidiacono D. Giuseppe Ingianni, il quale scelse come collaboratore il sac. Gaetano Sinacori per la cattedra di filosofia ed il sac. Carlo Maggio per l’insegnamento della storia e di qualche altra materia. La cattedra della Letteratura fu affidata al can. D. Antonino Castiglione, la matematica al professore Luigi Genovese di Trapani, il quale, benché laico, era un ottimo praticante.
Le scienze fisiche e naturali furono affidate al can. D. Vito Sinacori, ex cappuccino, professore della stessa materia nel Seminario e nella Scuola Tecnica del luogo.
Nonostante la valenza dei professori la durata del liceo fu di un anno ( 1875-76). Questo dimostra che il paese preferiva il liceo vescovile a qualsiasi altro liceo pubblico.
Nel frattempo il vescovo, i superiori e i professori del Seminario cercarono di riaprire il liceo interno. Un primo tentativo fu fatto nell’anno scolastico 1874-75 frequentato da alcuni chierici per affrontare il 1° corso di studi ginnasiali. Il liceo vescovile cominciò a funzionare l’anno successivo, con tutti i corsi e con buoni professori.
Gli studi furono pareggiati a quelli dei licei governativi in quanto all’interno del Seminario vennero cambiati i programmi, libri di testo, metodi, al punto che gli alunni che si presentavano agli esami di licenza presso altri licei superavano splendidamente le prove d’esami con ottimi risultati.
Ripopolatosi il Seminario ed avviati bene i corsi di studio, il mons. Valenti, nell’anno 1876 proibì ai seminaristi di frequentare il R. Ginnasio che si trovava nei locali della stessa struttura del Seminario, dove ora si trova il convitto vescovile.
Dal 1873 si era ripreso l’insegnamento della calligrafia, che sarà interrotta nell’anno 1874 e ripresa nel 1875 dal benefico Antonio Castelli di Mazara, e dal 1876.78 dal professore Francesco Tamburello di Marsala.
In questi anni insegnò Sacra Liturgia Nicolò Stallone e canto gregoriano il sottociantro Francesco Napoli.
Nel 1875 fu scelto dal vescovo mons. Valenti come prefetto d’ordine il rev. P. Francesco da Castellammare, il quale sostituì il P. Crociata, per dirigere le coscienze dei giovani chierici.
Ritiratosi poi a Castellammare seppe infondere lo spirito di San Francesco d’Assisi nella Congregazione maschile e femminile del Terz’Ordine. Morirà il 26 giugno 1905 all’età di 65 anni.
Dopo 15 anni di apertura del Seminario, sempre sotto il vescovo Valenti si ebbe un grande cambiamento quasi totale dei superiori all’inizio dell’anno 1876-77 con un nuovo indirizzo di studi e di disciplina. In quell’anno veniva a Mazara il rev. P. Giuseppe Vizzini da Villalba  provincia di Palermo) insigne membro della Congregazione del SS. Redentore, il quale venne posto da mons. Valenti come Vicario Generale e rettore del Seminario diocesano. Inoltre gli affidò la cattedra di Dommatica, Esegesi Biblica e Diritto Canonico.
Mons. Vizzini fece attività straordinaria e si fece coadiuvare dal vicerettore sac. D. Antonio Tom. Vivono da Calatafimi a cui affidò la cattedra di Filosofia, ed ha elevato a prefetto d’ordine nel triennio 1876-79 il sac. Lorenzo Curti da Castelvetrano che lo nomino anche professore alla IIIa classe del ginnasio.
Nell’anno 1878-79 venne nominato come padre spirituale il can. D. Giuseppe Manderini da Salemi, carica che durerà fino al 1882.
Dopo il triennio 1876-79 fu scelto come vicerettore il rev. P. Giuseppe da Mazara, cappuccino ( al secolo Vito Sinacori) come prefetto d’ordine il sac. Vincenzo Catalano di Mazara. Certamente il continuo cambiamento dei superiori non poteva giovare all’Istituto. Forse questo spiega perché nell’anno 1877-78 l’Istituto era frequentato da 26 alunni, numero che salirà a 42 l’anno successivo.
Il corso teologico aveva le seguenti Cattedre: Teologia, Dommatica, Morale, Canonica, Sacra Ermeneutica e Storia Ecclesiale.
A parte la Morale che fu insegnata da prima dal can. penitenziere D. Lorenzo Castiglione e poi dal can. Giovanni Faugiana, le altre materie erano insegnate dallo stesso rettore e prefetto degli studi mons. Vizzini, il quale avendo altre competenze non poté riuscire in tutto.
Durante il suo rettorato, il Vizzini, fu amareggiato dalla morte violenta di un suo nipote, alunno del Seminario, che fu ucciso da un impulsivo compagno. L’accaduto, molto triste, non solo colpi il cuore del rettore, ma anche produsse un certo sconcerto nella disciplina impartita all’interno del Seminario.
Per diverse ragioni, nel 1881, il Vizzini dovette lasciare gli uffici assegnati e rientrare nella sua Congregazione del PP. Redentoristi. Morirà a Nocera dei Pagani, nella casa del suo ordine.
Un buon impulso degli studi si ebbero con il sac. D. Antonino Tommaso Vivono, il quale introdusse il sistema tomista in tutta la sua integrità, adottando per libro di testo il Sanseverino, interprete fedele del tomismo. Peccato che appena 32 enne dovette lasciare la cattedra per raggiungere i genitori rimasti soli. Morirà a Calatafimi il 18 marzo 1826 all’età di 80 anni.
Come suo successore alla cattedra di Filosofia fu occupata dal sac. Gaetano Sinacori di Mazara, era l’anno 1879.
Mons. Valenti non ebbe cura solo della disciplina, ma pensò anche alla sistemazione dell’edificio ed alla costruzione di nuove opere. Nel 1860 fece costruire la nuova cucina e il nuovo refettorio.
Il 22 settembre del 1882 la Diocesi e il Seminario ebbe un grande lutto, mons. Carmelo M.a Valenti, all’età di 84, di cui 24 aveva governato la diocesi di Mazara raggiungeva la casa del Padre celeste.


III Il seminario sotto il 2° vescovo redentorista Mons. Antonio Maria Saeli (1882-1896)


Alla morte del mons. Valenti con diritto di successione occupò la cattedra della diocesi di Mazara mons. Antonino Maria Saeli.
Nato il 22 settembre del 1823 a Montemaggiore Basito ( provincia di Palermo). Fu il primo Provinciale dell’Ordine in Sicilia, eletto nel 1872, e rimase in carica fino alla sua nomina a vescovo titolare d’Ippo ed a coadiutore del vecchio pastore della chiesa di mazarese, mons. Valenti, con bolla pontificia del 3 luglio 1882.
Mons. Saeli sostenne una lunga lotta giudiziaria con gli eredi di mons. Valenti i quali volevano impugnare il benefico testamento. Vinse la buona battaglia il vescovo Saeli.
Un'altra lotta fu con il Governo riguardo la parrocchialità del vescovado, essendo il vescovo di Mazara, per fondazione normanna, anche parroco della Cattedrale. Questa volta, essendo debole, di poca salute e mal consigliato venne a una transazione pregiudiziale per gli interessi della mensa vescovile. Poi si fece sopraffare dai nipoti al punto da doversi dimettere dalla sua carica.
Il suo governo fu debole e scarso di opere, non per colpa sua, ma per i cattivi consiglieri. Il buon vescovo si interessò, per quanto potè, del Seminario, ma non riuscì a fare nulla per rialzarlo in prestigio.
Il vescovo Saeli chiamò a Mazara, nel 1885, come rettore di seminario e vicario generale mons. Luigi Di Giovanni da Palermo. La sua reggenza durerà un anno.
Nel detto anno 1886 fu vicerettore il gesuita P. Giuseppe Visalli, il quale un bel giorno si allontanò improvvisamente e definitivamente dal seminario.
Nel nuovo anno scolastico 1886-87 avvenne un cambiamento generale dei superiori, forse con la speranza di migliorare la disciplina e il livello intellettuale dell’Istituto, ma tale cambiamento non conseguì l’effetto desiderato dal vescovo Saeli, anzì peggiorò le condizioni interne del seminario.
Mons. Luigi Di Giovanni fu sostituito dal nuovo rettore ed anche prefetto D. Pietro Safina, benvisto dal vescovo, ma poco capace nel governare i giovani allievi. Di fatto il suo governo durò due anni. Si scelse come vicerettore il can. D. Nicolò Angelo.
Il Safina aveva un ottima preparazione nelle discipline teologiche, però in fatto di cultura letteraria ben poca. Teneva all’antico e alle forme in modo esagerato. Chiuderà la sua carriera mortale il 18 febbraio 1911 all’età di 71 anni.
Nell’anno scolastico 1886-87 e quello successivo fu vicerettore il sac. Nicolò Angelo, grande oratore quaresimale e professore di Teologia Morale e Dommatica. La sua vita sarà breve, morirà il 29 marzo del 1889 all’età di 48 anni.
Prefetto d’ordine fu il sac. Calogero Salvo di Salemi. Fu anche insegnante in Seminario per i seminaristi fuori corso morirà a salemi all’età di 47 anni.
Il periodo di tempo che va dal 1888 al 1896segna un aspetto nuovo del Seminario, cioè quello della modernità. Essendosi ritirati il Safina, il vescovo Saeli, rivolse la sua attenzione al can. D. Daniele Ajello come nuovo rettore del Seminario. Uomo generoso, espansivo e sensi liberi; uomo innovatore e capace di dare un soffio potente di modernità all’andamento dell’Isituto: nella disciplina, nell’ordinamento degli studi, nell’educazione della morale nell’amministrazione.
Il rettore Ajello scelse nuovi superiori e professori, come vicerettore il can. Giuseppe Capitelli da Marsala e come prefetto d’ordine il sac. Giuseppe Grosso da Alcamo.
L’anno successivo il vicerettore fu sostituito dal sac. Giovanni Massaria da Chiusa.
Quando l’Istituto raggiunse lo stesso livello di studio dei licei e ginnasiali furono chiamati ad insegnare in seminario, professori da diverse parti, laureati e quasi tutti laici. Questo fece impressione agli ecclesiastici attaccati alla veste ed alle antiche tradizioni. Cosi andarono le cose fino al 1895, anno in cui il rettore era sul punto di pareggiamento del ginnasio con il Seminario. Quando già il Ministro della Pubblica Istruzione aveva disposto l’invio di una commissione esaminatrice per gli esami di licenza dei candidati seminaristi, tutto fu sospeso per le forti opposizioni del direttore del R. Ginnasio locale, cav. Raffaele Castelli collaboratore del professore Giuseppe Poinelli.
I chierici per quell’anno andarono a fare gli esami di licenza nel R. Ginnasio di Marsala.
Quest’amarezza fece indietreggiare l’intraprendente rettore, il quale cominciò a sostituire i professori laici con degli ecclesiastici.
A questo punto è bene rilevare due cose: la prima in onore del seminario e del suo rettore nel conseguire splendidi risultati degli alunni seminaristi che si presentavano da esterni agli esami pubblici. Di poco decoro la seconda: il seminario, preparava dei chierici che alla fine non avrebbero mai indossato l’abito ecclesiastico, ma ne avrebbero usufruito per inserirsi nei migliori posti secolari.
Questo atteggiamento che si rifletteva all’interno dell’Istituto e che condizionava altri giovani che inizialmente erano entrati per seguire la via ecclesiale condizionò il nuovo vescovo Quattrocchi nell’anno 1896-97 a suddividere i giovani in seminaristi e convittori.
Torna di grande merito il rettore Ajello di aver fatto sloggiare dai locali del seminario il R. Ginnasio che dalla sua fondazione 1863 fino al 1892 aveva avuto la sua sede nelle aule del seminario prospicienti la Piazza Duomo (oggi Piazza della Repubblica).
Cosi i due istituti vennero a separarsi nettamente, con vantaggio di entrambi, giacché dalla loro vicinanza e dal contatto tra chierici e laici aveva creato inconvenienti disciplinari.
Il rettore Ajello diede anche un grande impulso alla biblioteca del seminario, che lo arricchì di opere rare e preziose. Promosse anche delle opere con premiazione per i giovani seminaristi, esercitazioni oratorie, rappresentazione teatrali, ecc.
Certamente il rettore Ajello con il suo modo di vedere e di fare rialzò l’Istituto Seminario. Il suo sistema educativo: “L’amore doveva essere alla base della disciplina, il timore tanto più lontano possibile”.
L’anno scolastico 1895-96 segnò un periodo di vergogna per il governo della diocesi, per il seminario e la depolarizzazione della disciplina interna dell’istituto. All’inizio di quest’anno al vescovo Saeli venne in mente di fare marcia indietro nelle direttive del Seminario e di sacrificare il rettore Ajello ponendovi al suo fianco due nuovi superiori: il sac. Baldassare Safina come vicerettore e il sac. Filippo Crispino prefetto d’ordine. Questi animati di pregiudizi e prevenzione sul metodo pedagogico e direttivo dell’Ajello misero alla base dell’Istituto il rigore disciplinare.
I professori e i seminaristi dinanzi alla nuova situazione si divisero in due gruppi, che a favore del rettore Ajello e chi a favore del vicerettore Safina.
Sarebbe stato meglio togliere il rettore promuovendolo piuttosto che creare tale insubordinazioni, distrazioni allo studio, ritardi di ordinazioni ed espulsione di una intera camerata di seminaristi creando scandalo pubblico.
Questo segnò la fine della carriera del vescovo Saeli che venne deposto dalla cattedra di Mazara dalla santa Sede che provvidamente mandò un amministratore apostolico, con futura successione, mons. D. Gaetano Quattrocchi da Mazzarino.
Appena arrivato, il 20 marzo 1896, prese sede nel palazzo vescovile ed incominciò il suo governo con pugno fermo, prudente e deciso.
Il suo primo pensiero fu quello di ristabilire la disciplina in Seminario. Con autorità paterna rimise la calma all’interno dell’Istituto assumendone la direzione. Da parte dei giovani si cominciò a studiare con maggiore calma e, da parte dei professori fecero il meglio per corrispondere al desiderio del nuovo vescovo. Il Seminario in quell’anno fu chiuso in anticipo, e cioè il 29 giugno, giorno della festa dei SS. Pietro e Paolo. Gli esami si svolsero regolarmente sotto la presidenza del vescovo.
Con il nuovo anno vedremmo alla direzione del Seminario e nell’insegnamento superiori e professori tutti nuovi, mentre dei vecchi alunni ben pochi poterono essere riammessi all’Istituto, riservato, secondo il Concilio di Trento, ai giovani allievi avviati al sacerdozio.
Per i giovani laici avviati alla carriera civile, il vescovo aprì a principio dell’anno scolastico 1896-97 un convitto vescovile dal titolo: “SS. Salvatore” a cui propose come guida l’ex rettore del seminario Ajello, il quale lo portò ad un alto grado di preparazione.


IV Il Seminario e le riforme del vescovo Gaetano Quattrocchi (1896-1903)


Mons. Gaetano Quattrocchi fu vescovo riformatore anche nei riguardi del Seminario. Nato a Mazzarino, provincia di Caltanisetta e diocesi di Piazza Armerina, il 16 giugno del 1850 da famiglia operaia. Indosso il 25 giugno del 1866, all’età di 16 anni, l’abito ecclesiastico. Ricevette l’ordinazione sacerdotale il 20 dicembre 1873. eletto vescovo l’11 febbraio del 1896 e il 7 marzo nominato vescovo ausiliare della diocesi di Mazara con pieni poteri.
Riguardo al seminario, dopo aver licenziato alla fine dell’anno scolastico tutti i superiori, prese egli stesso la direzione dell’Istituto al principio del nuovo anno scolastico 1896-97 con il titolo di rettore chiamandovi nuovi superiori. Scelse come vicerettore il sac. D. Benedetto Mulé da Alcamo, come prefetto d’ordine il sac. Antonino Accardi da Vita, come padre spirituale il sac. Ignazio Manno da Alcamo. Questi nuovi collaboratori del vescovo mostrarono una sol volontà: il bene per il seminario.
Il seguente anno 1897-98 per volontà dello stesso vescovo il prefetto degli studi Mulè assunse anche la carica di rettore mantenendo come collaboratori i superiori scelti l’anno precedente dal vescovo.
Il D. Benedetto Maria Mulè, nato ad Alcamo il 15 ottobre del 1845 fece i suoi primi studi presso i padri gesuiti completandoli in seguito in seminario a Mazara. Si distinse per impegno ed amore allo studio.
Quando si parla di riforma del seminario sotto il vescovo Quattrocchi deve intendersi nel senso vero e proprio della parola. Fu intenzione del vescovo improntare il seminario secondo le norme del Concilio di Trento; quindi rigore nell’ammissione dei candidati al sacerdozio, la loro educazione pertamente clericale, studi prevalentemente sacri. Anche nei criteri della scelta dei professori fu prudente e riservato.
Con il vescovo Quattrocchi e il rettore Mulé il seminario divenne un vero collegio ecclesiastico modello. Nonostante il grande rigore nella disciplina il numero degli alunni aumento fino ad arrivare a 140; il numero degli studenti in teologia era di 60, con grande gara nello studio.
Questo incremento fu dovuto anche ai sussidi che passava il vescovo Quattrocchi ai seminaristi.
Per accogliere i nuovi chierici si dovettero aprire nuove camere nel Quarto di mons. Salomone e non bastando il vescovo pensò di costruire fina dalle fondamenta l’ala occidentale del seminario. Veniva cosi collegato il Quarto di mons. Salomone con il fabbricato antico di mons. Stella. Questa fu l’opera più grande del mons. Quattrocchi, il quale vi spese la somma di 80.000 lire.
Non contento di aver costruito un nuovo corridoio con cinque spaziose aule, volle aggiungere un piano sopraelevato on diverse stanze per alloggiare i superiori e i professori del seminario e, parte della Foresteria per i sacerdoti missionari in viaggio.
L’edificio nel suo complesso venne migliorato attraverso lavori di restauro, di pavimentazione e di decorazione. Nella cappella furono eseguiti lavori di stucco e dorature, specialmente nelle volte, da artisti di Mazzarino.
Il Quattrocchi ebbe cura della biblioteca, ma non avendone avuto il tempo, lasciò 2.000 lire per comprare degli scafali per trasferire la biblioteca nella cosiddetta Sala di Scienze.
L’illustre Pastore aveva pensato anche di istituire un seminario in campagna, ma la morte glielo impedì con tanto danno alla diocesi. Il vescovo Quattrocchi morirà a Mazzarino l’8 giugno 1903.


II Il Vescovo Nicolò Maria Audino (1903-1933)


Il 22 giugno del 1903 a succedere al vescovo Gaetano Quattrocchi, scomparso prematuramente all’età di soli cinquantatre anni, fu Mons. Nicolò Maria Audino. Il suo abbraccia un trentennio.
Affrettatosi a prendere possesso canonico della Diocesi anche per sanare la spaccatura sorta nel clero per l’elezione del Vicario capitolare. Fece il suo ingresso solenne a Mazara il 25 novembre 1903.
Nel suo lungo pontificato mazarese celebrò due congressi eucaristici: l’uno a Mazara l’altro a Marsala pubblicandone gli atti; riaprì al culto la Cattedrale i cui lavori di restauro erano iniziati durante l’episcopato di mons. Quattrocchi ed arricchì il sacro Tempio del monumentale organo. Fece riparare i paramenti pontificali conservati nel tesoro della Cattedrale, i quali costituiscono un vero gioiello dell’arte settecentesca. Fece restaurare inoltre il Palazzo vescovile, costruito nel secolo XVI dove un tempo era stato il palazzo-fortezza della potente famiglia dei Chiaramonte e l’adiacente convento delle Clarisse, e costruire i locali della nuova Curia vescovile.
Non furono poche le sue attenzioni nei confronti del Seminario diocesano, che, come scrive il Quinci « ritenne come la pupilla degli occhi suoi ». L’espressione non suona puro convenzionalismo se a questo Istituto riservò la sua prima visita e con gli alunni si fermò sempre a dialogare per rendersi conto di persona dei gravi problemi inerenti la formazione spirituale, culturale ed umana dei futuri ministri della chiesa.
Santità, umanità e cultura costituiscono il trinomio base per la formazione integrale del sacerdote, chiamato a testimoniare la fede a salvaguardia dei valori religiosi e culturali di un popolo. In forza della sua ordinazione, egli attua il suo ministero « in persona Christi et in virtute Spiritus Sancti » con una pienezza umana rafforzata dalla grazia. Il sacerdote è chiamato a vivere con dignitosa e coerente responsabilità il suo mandato; consapevole del suo ruolo nel corpo mistico della chiesa, deve in ogni tempo essere preparato culturalmente e spiritualmente per esprimere una intelligente missione di promozione del laicato, di animazione della comunità, di comunione e dialogo con i lontani.
Questo programma culturale e pastorale indirizzò il vescovo nell’accingersi a riformare il piano regolare degli studi portando il ginnasio a cinque anni e il liceo a tre anni, eguagliando le scuole del Seminario alle scuole regie e riservando un congruo numero di ore settimanali allo sviluppo della filosofia dell’aquinate.
Il ritorno alla filosofia di San Tommaso va inserito nel quadro delle riforme volute da Leone XIII e Pio X a garanzia della fede contro il diffondersi del materialismo marxista, del liberalismo anticlericale e del modernismo, definito da Pio X « sintesi di tutte le eresie…, che bisogna tagliare alle radici ».


Mons. Francesco Evola - rettore (anno 1905 - 1921)


Il mons. Audino, dopo un attento esame della situazione, individuò i docenti che necessitavano per fornire il Seminario di un collegio organico, culturalmente preparato e moralmente ineccepibile; nello stesso tempo individuò per gli allievi educatori qualificati ed aperti capaci di impartire una educazione dinamica senza fissazioni o cristallizzazioni parziali e perciò irrazionali ed emotive.
Venne rinnovato il collegio dei docenti con nuovi insegnanti, chiamati da varie diocesi. Nel 1904 la cattedra di Teologia dommatica venne affidata al Sac. Giovanni Parisi, ex gesuita di Ragalmuto, mentre la cattedra di Teologia morale passò al sac. Calogero Parisi.
L’anno successivo fu assunto per l’insegnamento della filosofia il giovane sacerdote Emanuele Scolarici da Lipari mentre il Sac. Pietro Parrella da Montesarchio ebbe la cattedra di lettere al liceo.
Dei mazaresi continuarono l’insegnamento, come docenti interni, il can. teologo Bartolomeo Lombardo, il sac. Dr. Benedetto Vivona e Mons. Gaspare Aiello; come docenti esterni si ebbero il sac, Giuseppe Bucca per le scienze naturali e la matematica, e i sacerdoti Giuseppe Accardi, Michelangelo Ingargiola e Giuseppe Alagna per le lettere nella scuola media.
Nel corso teologico si introdusse lo studio della lingua ebraica, della sociologia, della pastorale e del greco biblico; in tutte le classi si diede un giusto valore allo studio della liturgia, del canto e della musica. La sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari, per incarico del Papa, estendeva il 10 maggio 1907 a tutti i Seminari un programma generale di studi per uniformarne e migliorarne l’insegnamento; in attesa di potere attuare disegni più arditi, il Pontefice il primo gennaio 1908 approvava le « Norme per l’ordinamento educativo e disciplinare dei Seminari d’Italia ». In queste norme si trovano prescrizioni riguardanti gli studi, l’educazione alla pietà e l’obbligatorietà di un Direttore Spirituale per ogni Seminario.
Per gli studi teologici il corso venne diviso in quattro anni con orario regolare di quattro ore di insegnamento al giorno; in esso sono determinate tutte le materie necessarie a rendere completo ed organico l’iter degli studi. Il corso fu fatto precedere da un anno di propedeutica per l’approfondimento della filosofia, che comprendeva psicologia, logica, metafisica ed etica.
La direzione del Seminario venne affidata a Francesco Evola (1905-1911) di Terrasini, restando vicerettore il sac. Pietro Lucchese di Alcamo e Prefetto degli Studi il sac. Calogero Parisi. L’Evola dimostrò ottime qualità di direzione e seppe dare una svolta abbastanza positiva al Seminario sia per l’entusiasmo che creò attorno a sé che per le sue alte doti umane e culturali. Purtroppo la sua permanenza a Mazara fu breve; nel dicembre 1911 il Vescovo Intreccialagli lo richiamava nella diocesi di Monreale per coprire il prestigioso ufficio di Vicario Generale.
Il Vescovo si adoperò perché tutti i seminaristi allievi del ginnasio concludessero il ciclo di studi con la licenza di stato; e ciò in sintonia con le disposizioni della Sede Apostolica, che nell’ordinanza del 10 maggio 1907 scriveva: « i nostri alunni non possono decidersi seriamente sulla vocazione allo stato ecclesiastico se non quando sono giunti ad una certa età matura: sembra quindi utile ordinare gli studi in modo che gli alunni possano trovarsi in grado di fornirsi di titoli legali, e con ciò essere più liberi nella scelta dello stato».
Gli anni immediati alla prima guerra mondiale segnarono una parabola discendente nella storia del Seminario.
Dopo la prima rigogliosa fioritura, il numero degli alunni cominciò a decrescere. Gli alunni del ginnasio e del liceo si ridussero a 17, mentre i pochi teologi furono mandati a Palermo e, successivamente, nel Seminario pontificio « Pio X » di Catanzaro.
La crisi delle vocazioni era da ricercarsi in fattori esterni alla vita del Seminario. Essa coinvolse in quegli anni quasi tutti i Seminari d’Italia e in modo particolare quelli del meridione.
Fatto sintomatico resta l’episodio svoltosi nel 1907 nei pressi della stazione ferroviaria di Campobello di Mazara dove, in occasione dell’arrivo del sacerdote novello don Giuseppe Nuccio, elementi estremisti inscenarono una violenta gazzarra al canto: « i figli d’Italia non portan sottana », suscitando viva apprensione tra i fedeli li presenti.
Alla lotta anticlericale si aggiunse il fenomeno, certo non meno grave, dell’emigrazione come fuga dal Meridione. Nel primo quindicennio del secolo il fenomeno aveva assunto il carattere di vero e proprio esodo: tra il 1901 e il 1913 cinque milioni di persone, in massima parte meridionali, si trasferirono nelle Americhe.
In questa ottica isolana va vista la crisi vocazionale, che travagliò il nostro e molti seminari italiani; crisi che se non fu causata dalla perdita dei valori etico-religiosi, certamente trova la sua legittimazione nello sbandamento delle coscienze. Il rettore Evola, nella sua relazione sulla vita del seminario a chiusura dell’anno scolastico 1910-11, addita nel lassismo del clero diocesano spesso leggero, insubordinato ed ignorante la causa prima della crisi vocazionale. È demoralizzante, scrive il rettore, l’insegnamento del catechismo a Mazara, dove i chierici trovano le chiese chiuse e sempre assente il clero.
Consapevole che il Seminario è mezzo e non fine dell’azione formativa, si preoccupa che la scarsità del numero non risulti a detrimento della qualità.
Nobile figura sacerdotale e profondo educatore, l’Evola costituì in quegli anni per il Seminario e il clero diocesano un valido punto di riferimento. Nella prefazione alla biografia del servo di Dio Mons. Antonio Intreccialagli il cardinale Francesco Carpino chiama l’Evola: “pio e dotto autore” e Mons. Bonaiuto scrive: « noi che l’abbiamo visto nell’ardua fatica per riportare il Seminario all’altezza della sua missione culturale e di pietà richiesta dai nuovi tempi, pur tra ristrettezze economiche di ogni genere, potremo aggiungere che una generazione di sacerdoti deve a lui quella cultura sociale e quella pietà, che ci ha resi capaci di lavorare con competenza nella Chiesa di Dio”.
La Congregazione Concistoriale, allora deputata al controllo dell’andamento didattico-disciplinare nonché dell’attività formativa dei Seminari, mentre loda in quegli anni il Seminario di Mazara come il migliore dell’Isola per i locali ben situati, spaziosi, igienici, adatti alla buona disciplina ed elogia gli ottimi risultati negli studi, comprovati dagli esami di licenza negli ultimi quattro anni, evidenzia con amarezza gli aspetti negativi e gli inconvenienti per i quali era necessario intervenire tempestivamente; primo tra questi lo scarso numero degli alunni ( 20 in tutto), sparsi nel ginnasio (5), nel liceo (8), e in teologia (7) che portò allo scoraggiamento sia dei professori che dei superiori.
Il problema vocazionale sollevato dalla Congregazione romana era condiviso pienamente dal Vescovo cui stava sommamente a cuore le sorti della diocesi.
Nel 1907 istituisce una sezione del piccolo seminario diocesano. Scopo principale dell’Istituto è di sviluppare nei giovani i germi della vocazione clericale; e in ciò si distingue dal Seminario propriamente detto, che accoglie giovani per i soli corsi del liceo e della teologia, dei quali si presume la vocazione più matura, come si distingue ancora dal convitto « SS.mo Salvatore », che ha per scopo la formazione laico cristiana degli alunni.
Questo convitto per gli alunni del ginnasio veniva ad eliminare i cosiddetti « chierici esterni », numerosissimi nella città episcopale e nei vari paesi della diocesi, che non frequentavano nessun corso e si preparavano a fine anno per un esame affrettato e superficiale.
Il Vescovo esortava il clero perché si istituissero nelle singole parrocchie le sezioni del piccolo clero o « congregazione dei giovinetti aspiranti » con regolamento proprio.
In quegli anni nelle scuole ginnasiali e liceali del Seminario erano assenti le rappresentanze di Campobello, Castelvetrano, Partanna, Gibellina, Salaparuta, Calatafimi e Vita. Il Vescovo, nonostante le difficoltà, non si dava per vinto e, dopo avere esortato i parroci sulla responsabilità di incrementare le vocazioni nell’ambito delle comunità parrocchiali, precisava al clero quanto la stessa Congregazione aveva rilevato esortando clero e laicato a collaborare nella individuazione di giovanetti disponibili ed interessati a consacrare la propria vita al servizio dell’altare.


Mons. Ignazio Manno: un breve rettorato


Il can. Ignazio Manno, penitenziere della Cattedrale, chiamato dal vescovo a succedere a Francesco Evola nella guida del Pio Istituto, resse per due anni il Seminario. Uomo di grande carità e cultore della musica sacra. Il suo rettorato và dall’ottobre 1914 al mese di luglio del 1916.
Era appena scoppiata la prima guerra mondiale (1914 - 1918) e molti dei sacerdoti non in cura di anime erano stati costretti ad indossare la divisa militare per servire la patria in quel particolare delicato momento della storia.
L’episcopato italiano esortava i cattolici ad obbedire alle leggi della Patria, a collaborare con le autorità governative e locali e si adoperava a dare un efficace contributo alle opere assistenziali collegate con lo stato di belligeranza. Il clero rispose ovunque con generosità e spirito di sacrificio all’appello della Patria e nel Seminario non mancarono esempi eclatanti di giovani che fuggirono dall’Istituto per arruolarsi volontari e raggiungere il fronte nemico.
Il Seminario, più degli altri istituti diocesani, risentì del grave momento storico e, mentre il Vescovo ristrutturava e ridimensionava gli uffici ecclesiastici adattandoli alle particolari contingenze storiche, la direzione del Seminario passava a Mons. Lorenzo Jella, vicario generale della Diocesi.
Ignazio Manno restò ancora a Mazara per qualche anno dedicandosi alla cura della nuova Parrocchia di Maria SS. delle Grazie fino a quando venne chiamato a succedere al can. Leonardo Ruvolo nell’arcipretura di Alcamo. Morì il 26 giugno 1944. La sua memoria resterà nella storia del nostro clero come una delle più fulgide glorie per operosità e santità di vita.


Il Vicario Generale Mons. Lorenzo Jella, rettore (1916 - 1922).


Dopo il breve rettorato di Ignazio Manno, il Seminario venne affidato a Mons. Lorenzo Jella, nato a Subiaco (Roma) il 6 marzo 1864. Allievo dell’almo Collegio Capranica (1880 - 1887), aveva conseguito la laurea in filosofia e in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana. Insigne docente di Sacra Scrittura nel Seminario sublacense, nel 1908 il vescovo di Tivoli l’aveva chiamato a reggere il Seminario, attività che svolse in modo alto e con grande senso di responsabilità. Trasferitosi a Mazara nel 1916, spiegò le sue doti nel Seminario dei chierici come rettore e nella Diocesi come Vicario Generale.
Resse il Seminario negli anni del conflitto mondiale e dell’ immediato dopo guerra; anni difficili ma che videro crescere il numero degli allievi sino a stabilizzarsi sulle cinquanta unità.
La guerra aveva fatto sentire il suo grave peso sul Seminario. La mobilitazione generale aveva chiamato alle armi sia i giovanissimi del 1899, sia molti sacerdoti del clero secolare e regolare; ma mentre i sacerdoti diocesani erano stati restituiti alla Chiesa e alla Diocesi, tranne uno, don Pietro Teri da Salemi morto in guerra, ben quattro allievi del Seminario combattendo immolarono la loro vita.
Nonostante la guerra e la crisi economica che travagliava il paese, il Vescovo nel 1916 poteva scrivere nel suo messaggio alla Diocesi: « ... Altro motivo di gioia e di particolare consolazione abbiamo nel vedere quest’anno ripopolarsi il Seminario dei chierici, il quale ha subito in questi ultimi anni la sorte generale dei Seminari di Sicilia e d’Italia. Chi li ha chiamati questi piccoli Samueli di Mazara, Marsala, Alcamo, Vita, Partanna? Lo stesso Dio benedetto che da anni abbiamo invocato senza stancare e senza scoraggiamento... ».
Quegli anni furono caratterizzati dalla profonda crisi economica che investì non solo la Sicilia e l’Italia ma l’intera Europa.
La nostra Diocesi, anche se in quegli anni non conobbe gli orrori devastatori della guerra, perché lontana dal fronte, ne subì le conseguenze indirette: la chiamata alle armi di tutte le forze attive del paese spopolò le campagne, che rimasero incolte, mentre le coscienze venivano sconvolte dai lutti sempre più frequenti e dal sopraggiunto della colera. In una situazione tanto difficile e critica il vescovo Audino non si arrese e il 25 gennaio 1917 istituisce la Pia Opera dei Chierici poveri. Il fine dell’Opera era « promuovere ed aiutare le vocazioni ecclesiastiche con la preghiera, con la parola e con le offerte in denaro o in natura ». L’Opera veniva affidata al patrocinio del grande taumaturgo S. Nicolò di Bari.
Nel suo messaggio alla Diocesi, il 6 agosto 1919, il vescovo Audino mentre ringraziava Dio per il numero affermatosi di quaranta allievi, ai quali mai è mancato il pane quotidiano, esortava il clero ad istituire borse di studio per i seminaristi poveri, atto di carità quanto mai profondo perché « è opera di suprema necessità la recluta delle vocazioni, aiutarle, difenderle dai pericoli, condurle a compimento ».
Anni difficili e allo stesso tempo costruttivi quelli del rettorato di Mons. Lorenzo Jella, anni che risentono del particolare momento storico.
Il rettore rimase con coraggio e tenacia alla guida del Pio Istituto, si alternarono i suoi diretti collaboratori: tennero la carica di vicerettore successivamente i sacerdoti Gaspare Aiello, Gaspare Morello e Vito Avila.
Lorenzo Jella aveva ricevuto dal Vescovo la reggenza di un Seminario provato dagli stenti della guerra, che continuarono con crudezza coinvolgendo docenti ed alunni, e si sobbarcò all’immane sacrificio evidenziando genialità, profonda cultura, grande fermezza nelle avversità e una spiccata personalità.
Ben diciotto allievi delle scuole superiori erano stati costretti a sospendere lo studio per servire la patria. Di essi quattro morirono sul campo di battaglia e il loro sacrificio è apparso a tutti un atto di coraggio e di amore per Dio e per la patria.
Quanti rimasero in questi anni allievi del Seminario si distinsero «nella pietà e nello studio, come nella disciplina e nella urbanità. Discreti anche i risultati conseguiti negli esami finali »
L’Istituto diocesano risentì quell’affannoso clima politico sociale e se il numero degli allievi si mantenne sulla cinquantina non si ebbe, certo, un periodo di vera ripresa: gli allievi erano tutti giovanissimi, mentre gli alunni dei corsi teologici, ridotti nel numero, erano stati indirizzati nel Seminario arcivescovile di Palermo,
Il collegio dei docenti anche in questi anni appare bene selezionato. L’insegnamento della filosofia è affidato allo stesso rettore mentre le cattedre di lettere classiche sono tenute dai canonici Gaspare Aiello e Vito Avila e quelle di scienze matematiche dai canonici Giuseppe Bucca e Giovanni Battista Quinci. Docenti di lettere vengono nominati i sacerdoti Gaspare Morello e Lorenzo Caravaglios per le classi liceali e i sacerdoti Giuseppe Accardi, Salvatore Vento, Salvatore Tritico, Luciano Fiorentino per le classi ginnasiali.
Fu somma cura del Vescovo uniformare in questi anni il programma degli studi finalizzandoli ad una idonea formazione culturale e religiosa dei seminaristi. Consapevole che una chiesa locale nella sua essenza non può essere autocefala ma è chiamata a vivere e praticare quella comunione con la Chiesa di Roma, che è garanzia di santità e cattolicità, Mons. Audino con ordinanza del 24 agosto 1920, stabiliva che il criterio dell’ammissione dei giovani e l’educazione ed istruzione da impartire nel Seminario doveva essere consona alle finalità dell’Istituto. Se ben mirata doveva essere la scelta dei giovani candidati da inviare al Seminario, l’istruzione doveva essere subordinata esclusivamente al sacerdozio.
La Congregazione Concistoriale con la circolare del 1912 aveva prescritto: « ... le scuole ginnasiali e liceali devono avere un carattere ed un indirizzo loro proprio, quale si richiede per gli aspiranti al sacerdozio » e Leone XIII nell’enciclica del 1902 aveva ribadito: il clero non deve essere estraneo agli avanzamenti di ogni disciplina...In questo contesto dottrinale veniva effettuata la riforma degli studi a Mazara mentre nel programma scolastico venivano inserite nuove discipline: il catechismo, il canto gregoriano, la liturgia, la storia sacra e la musica.
Bene si adoperò, pertanto, il Vescovo Audino affidando l’insegnamento della liturgia al can. Michele Severino, il canto fermo al can. Vito Avila e la musica al sac. Carmelo Sangiorgio da Biancavilla. Il Sangiorgio era stato chiamato a Mazara dallo stesso Vescovo nel 1919 come organista della Cattedrale, dopo la promulgazione del decreto sulla musica sacra, e si rivelò validissimo collaboratore dell’Avila, allora sottociantro del Capitolo e vicerettore del Seminario; insieme si adoperarono per la realizzazione nel Seminario della schola cantorum, che negli anni successivi doveva raggiungere i più ambiti traguardi.

Un anno di attesa - Mons. Audino vescovo e rettore


Il rettorato di Mons. Jella fu di breve termine. Nell’ottobre 1922, dopo sei anni di permanenza a Mazara, per motivi di salute fu costretto a rientrare nella sua diocesi. Il Vescovo, nell’imminenza della riapertura e del riordinamento dell’anno scolastico 1922-23 dell’Istituto preferì avocare a sé la direzione. Anno di transizione, si potrebbe dire, ma soprattutto anno di riflessione per meglio servire la causa del Seminario che necessitava di un costante rinnovamento ed adattamento ai tempi nuovi ed esigeva a guida uomini di equilibrio e buon senso, animati da profondo spirito evangelico e sacerdotale.
Era il 1922, l’anno delle grandi decisioni per la Chiesa e per l’Italia. A Roma sulla cattedra di Pietro al mite Benedetto XV era successo il 6 febbraio Achille Ratti. Forte tempra di studioso, oculato e responsabile, aveva intravisto le mutate situazioni storiche e nell’assumere il sommo pontificato aveva voluto impartire la benedizione Urbi ed Orbi dalla loggia esterna di S. Pietro, che era rimasta chiusa dal 1870.
La situazione dei Seminari fu una delle prime preoccupazioni del nuovo Pontefice che con una lettera apostolica esordiva l’urgenza: «…di non fare servire i Seminari se non al solo scopo per cui furono eretti, cioè per educare e formare ministri all’altare… ».
Il Papa, poi, richiamò l’attenzione dei vescovi su alcuni punti della massima importanza come la necessità di promuovere e di fare rifiorire nel corso letterario lo studio della lingua latina.
Riguardo agli studi superiori del giovane clero il Santo Padre faceva particolare riferimento ai can. 1365 e 1366 per sottolineare la necessità di uno studio serio e proficuo che per- mettesse ai sacerdoti una preparazione culturale rispondente all’altezza del loro ufficio. « Perciò gli alunni attendano seriamente per almeno due anni allo studio della filosofia come preparazione alla teologia. E per filosofia deve intendersi la scolastica di San Tommaso d’Aquino ».
Nell’ottobre del 1922 Mussolini veniva invitato dal Re a formare il suo primo governo mentre in tutta l’Italia erano in atto i preparativi per la cosiddetta marcia su Roma. In questo nuovo clima religioso e politico si riapriva il Seminario di Ma-zara il 16 ottobre e il Vescovo volle, egli stesso, predicare il ritiro spirituale ai suoi seminaristi prima di inaugurare l’anno scolastico con la Messa « De Spiritu Sancto » e ricevere la professione di fede da parte dei professori nella Cappella del Seminario.
Nonostante le difficoltà, il numero dei seminaristi rimaneva fermo sulle trentatre unità, alunni tutti delle scuole ginnasiali e del liceo; i quattro allievi del corso teologico Tumbarello Angelo da Marsala, Abate Giovanni da Petrosino, Stabile Vito da Alcamo e Grazioso Carmelo da Alcamo erano stati inviati al Seminario arcivescovile di Palermo, in sintonia alle disposizioni pontificie, dato il numero assai esiguo, onde assicurare loro una completa formazione culturale.
Dall’ansia di vedere superata la crisi vocazionale, era sorta già nel 1917 a Mazara l’Opera diocesana dei chierici poveri, mentre solo tre anni dopo il Concilio plenario siculo con il canone 38 ne avrebbe prescritto per tutte le diocesi l’urgente opportunità.
Verso questo Istituto il vescovo Audino volgeva tutte le sue sollecitudini, consapevole che la vita, l’avvenire della chiesa mazarese e l’efficacia della sua pastoralità dipendevano dall’efficienza del Seminario, giardino spirituale della comunità diocesana e del clero. Dopo un anno di reggenza, il vescovo affidava le sorti dell’Istituto a Mons. Gaspare Aiello, una delle figure più prestigiose del clero diocesano.

Il rettorato di mons. Gaspare Aiello

Il rettorato di mons. Gaspare Aiello è uno dei più lunghi nella storia del Seminario di Mazara, esso abbraccia un intero ventennio comprendendo parte del governo spirituale del vescovo Audino e parte del governo del vescovo Ballo. Periodo critico della storia italiana che coincide con il ventennio fascista (1922 1943).
In questo clima di regime assolutistico, il Seminario fu una delle poche istituzioni, che riuscì a sopravvivere per la sua funzione essenzialmente religiosa, culturale e formativa e, in quanto tale, divenne un vero cenacolo di formazione cristiana.
Il rettore Aiello volle accanto a sé validi collaboratori: il can. Vito Avila e il can. Benedetto Vivona, entrambi da Calatafimi. « Tutti e tre, scrive mons. Regina, rimasero per un ventennio nella direzione del Seminario quale — funiculus triplex — che la sola morte poté spezzare.
Un’anima sola ed un cuor solo: dedicarono tutte le loro migliori energie per la formazione dei futuri sacerdoti, insegnando la via della bontà con l’esempio fulgente della loro vita ».
Mons. Gaspare Aiello, figura poliedrica, indelebile nella mente e nel cuore di quanti ebbero la fortuna di avvicinarlo. Nato a Partanna il 31 luglio.
Le modeste condizioni economiche della sua famiglia furono per lui sempre motivo di vanto e dei genitori ricorderà sempre l’attaccamento alla famiglia, al lavoro e alla fede cristiana. Ammesso al Presbiterato il 24 maggio 1902. Ancora studente di teologia, il Vescovo Gaetano Quattrocchi gli volle affidare la cattedra di lettere nel ginnasio del Seminario, l’Istituto al quale avrebbe successivamente consacrato l’intera esistenza se, all’improvviso, nel luglio 1944 non avesse maturato la vocazione di seguire Cristo tra i missionari Servi dei Poveri del beato Giacomo Cusmano.
Sulla personalità e sull’opera dell’Aiello vale per tutti la testimonianza espressa il 23 maggio 1932 dal Card. Ernesto Ruffini: « Come nella Diocesi di Mazara del Vallo, così a Palermo Ella ha servito fedelmente, con l’esemplarità della vita e lo zelo indefesso delle opere, Nostro Signore Gesù Cristo e la sua Chiesa. Dotato da Dio di preziose doti, ha messo a largo profitto i talenti ricevuti, ed oggi è di conforto renderne pubblica testimonianza. Intelligente, dotto, umile e piissimo, lascia dietro a sé un’orma che non si cancellerà ».

L’amico e collaboratore del rettore: Mons. Vito Avila (1885-1965).

Giusto, premuroso, dai modi gentili, tutto dedito al dovere, sempre consapevole della sua delicata responsabilità di educatore il can. Vito Avila fu l’uomo destinato ad imprimere un sigillo profondo e significativo negli animi dei suoi allievi.
Nato a Calatafimi il 6 dicembre 1885. Ordinato sacerdote il 18 dicembre 1909 dal vescovo Nicolò M. Audino, venne assegnato al Seminario Vescovile, dove rimase per tutta la vita svolgendo il ruolo, prima, di vicerettore accanto a mons. Gaspare Aiello e, successivamente, di docente di musica sacra e delle lingue classiche.
L’amore per la cultura classica lo aiutò molto ad acquisire il gusto del bello e dell’armonico e una particolare attitudine alla riflessione critica; la passione per la musica e il canto sacro fece sprigionare dal suo cuore una vivezza sempre giovanile che comunicava a quanti casualmente lo avvicinarono. Signorile nei modi e di una purezza angelica, fu duro con sé, premuroso e attento verso gli altri.
Visse la sua vita ed intese il suo sacerdozio come un servizio alla Chiesa di Mazara, al suo Vescovo e, soprattutto, al Seminario al quale rimase sempre legato anche quando nel 1930 Calatafimi, sua città natale, Alcamo e Castellammare vennero distaccate dalla diocesi di Mazara ed aggregate a Trapani.
Il vescovo Ballo gli conferì il 21 giugno 1938 il canonicato annoverandolo nel Capitolo della Cattedrale per i suoi grandi meriti. La morte lo colse ottantenne, dopo una breve malattia, il 7 agosto 1965, nella città di Marsala, amato, rispettato e pianto da quanti ebbero la fortuna di conoscerlo.

Un Direttore spirituale santo: Mons. Benedetto Vivona
(1877 - 1968).

Se dotti e responsabili furono i superiori del Seminario, dotto e santo fu il Direttore Spirituale, mons. Benedetto Vivona, il vero Padre Maestro, come bene anche oggi è ricordato dal clero mazarese e dal laicato cattolico. « In mons. Benedetto Vivona ho sempre visto l’uomo della preghiera, austero con se stesso, comprensivo delle necessità altrui, ottimo direttore di spirito », con queste espressioni lapidarie Mons. Vincenzo Regina, storiografo, allievo ed amico carissimo del Vivona ne sintetizza l’alta personalità.
Mons. Ernesto Ruffini, futuro arcivescovo e cardinale di Palermo, scrivendo dalla Congregazione dei Seminari in data 9 novembre 1937, affermava: « il Direttore spirituale, che vorrebbe ritirarsi ritenendosi inadatto al suo compito, va incoraggiato perché continui ad attendere alla formazione dei giovani leviti ».
In realtà tante volte il santo « padre maestro », fu tormentato dallo scrupolo di essere un sorpassato, di non incidere efficacemente nella formazione spirituale dei suoi seminaristi, della necessità della sua sostituzione nel delicato ufficio di Direttore Spirituale. Nel 1954 e nel 1955 ripetutamente chiese al Vescovo Gioacchino Di Leo l’esonero dall’ufficio; ma questi lo restituì al suo posto di lavoro rinnovandogli la fiducia e chiedendo la grazia del suo sacrificio per non fare peggiorare « le tragiche sorti del Seminario ». Alla preghiera e al desiderio del Vescovo, il Vivona piegò riverente il capo rispondendo: «Eccellenza Rev.ma, dinanzi al formale precetto di ubbidienza, piego la fronte contento di riconoscere in esso, come ho tanto desiderato e pregato, la volontà di Dio in cosa sommamente importante per la mia vita sacerdotale che volge ormai al tramonto. Accetto ancora una volta di riprendere la direzione spirituale del nostro Seminario, come una croce in riparazione di quanto nello spazio di cinquant’anni non ho saputo o voluto fare per dare alla Diocesi un clero secondo il cuore di Gesù. Mi aiuti la Madonna nel cui cuore immacolato ripongo fin da questo momento in modo speciale me stesso e tutti i giovani seminaristi che saranno ancora per l’avvenire affidati alla mia direzione spirituale, perché non si abbiano ad aggravare le mie responsabilità nella formazione del Clero diocesano... ».
Il Vivona, vera perla del clero cattolico ed onore della Chiesa santa, che è in Mazara, era nato a Calatafimi il 12 giugno 1877 da Alessio Vivona, calzolaio, e Vincenza Amico, casalinga, ottavo di dieci figli, alcuni dei quali morti in tenera età. Nel 1892 entrò nel Seminario di Mazara, dopo avere conseguito l’ammissione alla quarta ginnasiale; qui si venne formando il suo bagaglio culturale ed evidenziò ottime capacità di apprendimento e una vera passione per gli studi classici. Nel Duomo di Marsala, per l’imposizione delle mani del Vescovo Gaetano Quattrocchi, il 1° giugno 1901 venne consacrato Sacerdote e, subito destinato al Seminario come docente di materie umanistiche.
Desideroso di coronare il suo curriculum scolastico, il 16 giugno 1913 nella facoltà teologica di Palermo consegue il Dottorato in Sacra Teologia.
Si avvicinavano, intanto, i tempi tristi del primo grande conflitto mondiale e il Vivona, con il grado di tenente cappellano, viene richiamato e fa parte del 12° Corpo d’Armata nell’ospedale militare di riserva, a Trapani. Qui viene a trovarsi per parecchio tempo con vari sacerdoti-soldati, addetti ai servizi ospedalieri, tra i quali il futuro grande vescovo salesiano mons. Giuseppe Cognata, agrigentino, fondatore delle Suore Salesiane oblate del Sacro Cuore. Due nobili cuori sacerdotali, decisamente avviati alla santità, due spiriti eletti che hanno onorato la Chiesa siciliana. Terminato il conflitto mondiale, il Vivona riprende il suo ufficio nel Seminario diocesano mentre il Santo Padre Benedetto XV con Bolla pontificia del 13 gennaio 1919 lo nomina Canonico Penitenziere della Cattedrale, beneficio canonicale che manterrà sino alla morte.
Il Vescovo Audino apprezzando lo zelo apostolico e lo spirito sacerdotale del Vivona lo aveva nominato il 13 novembre 1908 Direttore diocesano della Associazione Sacerdoti Adoratori e nel 1913 Direttore diocesano dell’Unione apostolica, incombenze che curò con fede e alle quali restò personalmente fedele sino alla morte, inculcandone lo spirito a tutti i sacerdoti ed allievi del Seminario. Chi è fedele nelle piccole cose, soleva dire, sarà certamente fedele nelle grandi.
Distaccato dai beni terreni, dimentico di sé e, talvolta, delle sue impellenti necessità, visse lo spirito del poverello di Assisi, nella cui famiglia francescana militò come terziario sin dal 1921.
Il Vivono visse la sua lunga vita terrena cercando sempre di non pesare su alcuno, ricordando che compito del sacerdote, alter Christus, è quello di servire e non di essere servito, così nel silenzio assoluto, nell’angusta stanzetta del Seminario dove per più di mezzo secolo svolse la sua attività di direttore spirituale, Mons. Benedetto Vivona concluse la sua vita terrena. Era il 15 gennaio 1968, l’ora in cui la Valle del Belice veniva sconvolta dal terremoto, che seminò ovunque morte, paura, desolazione. Aveva già compiuto novanta anni di età, di cui 56 come Direttore spirituale del Seminario.

Un decennio faticoso tra spine e rose

Il nuovo anno scolastico iniziava sotto buoni auspici: la Chiesa di Mazara solennizzava il venticinquesimo di episcopato del suo Vescovo mentre in Italia cominciava a respirarsi un clima di distensione, grazie alla nuova politica istaurata dal fascismo.
Il nuovo rettore, mons. Aiello, coadiuvato dall’Avila e dal Vivona, non indugiò a mettere in atto l’opera di svecchiamento delle antiche strutture additando ai giovani traguardi vocazionali tanto più validi quanto più amati e sofferti. Venne intensificata l’Opera dei Chierici poveri, la conoscenza e l’amore per il Seminario; le parrocchie e il laicato vennero sensibilizzati nella delicata opera di curare, individuare e proteggere i germi vocazionali dei ragazzi e dei giovani. L’appello del Vescovo cominciava a dare i suoi frutti.
I primi dieci anni del rettorato di Mons. Aiello segnarono un ritmo crescente nelle attività vocazionali e nell’incremento del numero dei seminaristi, che raggiunse traguardi notevoli: anno scolastico 1923-24: allievi 38; anno 1924-25: allievi 45; anno 1923-26: allievi 69; anno 1926-27: allievi 94; anno 1927-28: allievi 108; anno 1928-29: allievi 113; anno 1929-30: allievi 115; anno 1930-31: allievi 113; anno 1931-32: allievi 114; anno 1932-33: allievi 109.
Con il nuovo periodo di risveglio nella fioritura del Seminario, scrive l’Aiello, aumentarono le nuove reclute del Seminario e, mentre le file del clero nel precedente decennio si erano andate diradando, senza la possibilità di sostituzioni, venne ad immettersi nel dissanguato organismo del clero diocesano una vivida linfa di nuove e fresche energie.
Nell’anno scolastico 1924-25 veniva chiuso il convitto vescovile « Conte Ruggero », che aveva occupato l’ala sud ovest del Seminario per creare più spazio alla rifioritura delle vocazioni ecclesiastiche, mentre l’azione pastorale del Vescovo aveva come principale obiettivo la sensibilizzazione dei giovani leviti e la loro formazione religiosa e culturale.
La chiusura del Convitto vescovile se era stata provvidenziale per la realizzazione di un Istituto omogeneo, per la formazione religiosa e culturale finalizzata alla missione propria del clero, aveva suscitato nella città un ginepraio di critiche e rimpianti, che rasentarono talvolta la calunnia. Il convitto vescovile era stato una valvola di scarico per quanti nella Mazara del tempo cercavano un centro di studi serio e qualificato; e tale si era dimostrata sempre la scuola del Seminario e dell’annesso convitto. Venuto meno questo, perché il vivaio arricchito dalla presenza di allievi provenienti dai paesi limitrofi non andasse perduto, sorgeva a Mazara il 2 ottobre 1925, ad opera del sac. Gaspare Morello, coadiuvato da valenti docenti quali Giuseppe Napoli, Antonio Bologna, Pompeo d’Errico e Giuseppe Boscarino, il liceo classico comunale.
Questo istituto, parificato nel 1930 e statalizzato nel 1933, insieme al Regio Ginnasio « Gian Giacomo Adria » da quella data avrebbe costituito il Regio Ginnasio Liceo « Gian Giacomo Adria » di Mazara. L’istituzione del liceo comunale sopì le ire del laicato ma non rasserenò l’animo di chi non sopportava che il Seminario diocesano fosse diretto da sacerdoti non mazaresi.

La Biblioteca dei chierici

La necessità di costituire nel Seminario un solido patrimonio librario era stata avvertita già nel secolo XVII e se ne erano fatti interpreti i vescovi Antonio Lombardo e Marco La Cava; quando nel 1767 venne meno la scuola del Collegio e per l’istruzione dei chierici del Seminario si dovette provvedere con docenti propri e con gli strumenti culturali di cui il Seminario disponeva, si costatò l’urgenza di provvedere l’istituto di adeguate sale di lettura e di un quantitativo di volumi rispondenti alle necessità culturali del tempo.
Con l’istituzione dei Seminari la biblioteca vescovile acquistava nuova risonanza e diventa la base di una biblioteca ancora più ampia, incentivo per i più versati nello studio, oasi della cultura e dello spirito, mezzo valido per arricchire il proprio bagaglio culturale. Grande benefattore della biblioteca era stato in questi ultimi anni il vescovo Quattrocchi, che morendo lasciò dieci mila lire per l’ampliamento e la sistemazione dei libri in scaffali più idonei alla conservazione del patrimonio librario.
Tra le opere più prestigiose la biblioteca custodisce la collezione completa della patrologia del Migne, il Magnum Bullarium romanorum (1431-1724), la Storia dei Papi del Pastor, le Istituzioni di Diritto civile dcl Pacifici Mazzoni, le opere filosofiche del card. Mercier.

Mons. Audino si avvia verso la fine

L’anno santo della redenzione, 1933, ufficialmente annunziato per la prima volta dallo stesso Pontefice attraverso la radio, è sinonimo di pace, perdono, riconciliazione con Dio e i fratelli.
L’anno Santo della redenzione segnava il trentennio dell’attività pastorale del vescovo Audino, periodo contrassegnato da vicissitudini alterne con profonde ripercussioni nella vita del Seminario anche se fu sancita alla fine la vittoria della verità sulla menzogna e dell’amore sulla giustizia. Il Seminario ne usciva integralmente riabilitato, grazie all’impegno, alla sagacia e ai sacrifici di quanti erano stati preposti alla sua guida. Trentennio decisamente positivo se permise al Seminario di assicurare un clero pastoralmente efficiente e culturalmente preparato a due diocesi: Mazara, antica Chiesa normanna e centro di vitalità culturale, e Trapani, diocesi limitrofa destinata a fruire del numeroso clero del presbiterio di Calatafimi, Castellammare del Golfo ed Alcamo, dopo l’incorporazione di questi tre comuni al suo territorio.
Arrivato ormai all’estremo delle sue forze fisiche, il vescovo Audino allìetà di 71 anni poteva finalmente intonare il « Nunc dimittis servum tuum, Domine» esclamando con l’Apostolo: bonum certamen certavi, corsum consumavi, fidem servavi.

Il Vescovo Salvatore Ballo (1933 - 1949)

I quindici anni del governo spirituale del vescovo Salvatore Ballo a Mazara risentono del particolare clima storico, che l’Italia e il mondo intero stavano attraversando. Erano gli anni del crescente fascismo, che avrebbe avuto il suo tragico epilogo nel 1945, l’anno che chiuse ed aprì un’era nuova all’insegna della ricostruzione civile e morale dei popoli coinvolti nell’immane conflitto della seconda guerra mondiale.
Preconizzato Vescovo di Mazara nel concistoro segreto del 18 settembre 1933, dopo tredici anni di episcopato nella Prelatura di S. Lucia del Mela (Messina), Mons. Ballo raggiungeva la diocesi il 26 novembre.
Uomo austero, diplomatico nei modi, educato ad una rigida disciplina assume, come scrive Mons. La Melia, un atteggiamento di rigida fedeltà alle intangibili tradizioni ecclesiastiche, atteggiamento che costituirà la componente costante della sua vita e della sua azione pastorale.
Il primo settennio del suo governo spirituale fu caratterizzato da un impulso nuovo: seppe dare alla diocesi giovani spiritualmente formati, culturalmente preparati, apostolicamente impegnati.
Subito dopo l’arrivo in Mazara, nel 1934, indisse la prima sacra visita per rendersi conto dell’effettiva realtà della vasta Diocesi e dei problemi pastorali onde apprestarne gli efficaci rimedi. Nel 1939 celebrò il terzo Congresso Eucaristico Diocesano: vera apoteosi di Gesù Sacramentato da emulare per solennità e preparazione gli stessi congressi nazionali. L’annunzio ufficiale venne dato l’8 dicembre 1938, festa dell’Immacolata Concezione di Mari.
Il Vescovo Ballo diplomatico e dinamico nello stesso tempo, il suo nome rimane legato al riordinamento della Curia Vescovile che egli volle realizzare con mano forte e in tempi brevi chiamando attorno a sé i sacerdoti più validi della Diocesi, concedendo a tutti somma fiducia ed esigendo da ciascuno senso di responsabilità.
La Curia Vescovile risultò così strutturata in n. 5 uffici: Ufficio 1, Culto divino. Disciplina del Clero e del popolo cristiano; Ufficio 2°, Atti giudiziari; Ufficio 3°, Ammistrazione; Ufficio 4°, Associazioni ed opere cattoliche; Ufficio 5°, Segreteria. Ciascun ufficio ebbe il suo archivio per le pratiche in corso mentre a presiedere i singoli uffici vennero chiamati il Vicario Generale per il 1° ufficio, il primo ufficiale della Curia pér il 2” ufficio, il Prefetto dell’Amministrazione per il 3° ufficio, delegati vescovili per il 4° e 5° ufficio.
La Curia e l’Archivio divennero i polmoni vitali del governo spirituale della Chiesa mazarese.
Creò ben venticinque parrocchie con soddisfazione dei fedeli, che spesso diedero meravigliosa prova di generosità approntando le somme per la dote e per la costruzione o restauro delle nuove chiese parrocchiali.
La Parrocchia volle che fosse non solo centro di spiritualità ma anche di formazione culturale e sociale. Istruzione e formazione, preghiera e sacrificio, attività spirituale e sociale furono le mete che si prefisse nel governo della Diocesi.
Quando gli anni cruenti della guerra crearono ovunque il caos, lo sfacelo e l’abbandono, il Vescovo rimase al suo posto come pastore e guida di una Chiesa piegata dalla sofferenza ma forte nella fede e sorretta dalla speranza della rinascita morale e materiale. Nel dicembre 1944 chiamò nella Diocesi i Missionari Servi dei Poveri (i padri bocconisti del beato Giacomo Cusmano) per iniziare una grande opera in favore dell’infanzia orfana e bisognosa affidando loro il Santuario della Madonna del Paradiso.
Sagace ed oculato, il Vescovo volle creare in Mazara un Centro Diocesano per il coordinamento del lavoro e vennero chiamati a farvi parte: il Can. prof. Vincenzo Regina, in qualità di Delegato Vescovile, il Can. Gaspare Aiello come Sovrintendente per le scuole medie, il Can. G. B. Criscuoli come Direttore Generale per le scuole primarie e il Sac. Antonio La Melia per i lavori di Segreteria. Il lavoro, organizzato in tutta la Diocesi in modo capillare, con razionalità ed amore, produsse ovunque validi frutti. Scuole primarie parrocchiali sorsero a Mazara, Marsala, Alcamo, Campobello di Mazara, Castelvetrano, Castellammare del Golfo, Calatafimi, Salerni e Vita. Scuole medie vennero contemporaneamente istituite nei seguenti Comuni: Liceo-Ginnasio femminile « S. Caterina da Siena» nei locali dell’Episcopio, e il Liceo-Ginnasio maschile « SS. Salvatore » nei locali del Convitto Vescovile a Mazara del Vallo; il Ginnasio « Lorenzo Calandrino » nei locali dell’orfanotrof io maschile a Gibellina; il Ginnasio inferiore « Sacro Cuore » nei locali dell’Istituto delle Suore Domenicane a Campobello di

Mazara; il Ginnasio a Partanna, in un palazzo preso in affitto.

A Marsala nei locali del Convento delle Suore del Verbo Incarnato sorgeva l’Istituto magistrale « S. Pascasino » mentre ad Alcamo nei locali della casa canonica della parrocchia Matrice sorgeva l’Istituto magistrale « Maria SS. Immacolata ».


Il Vescovo e il Seminario


Non aveva fatto ancora l’ingresso in Diocesi, quando fece pervenire al rettore una lettera, diretta ai seminaristi che si accingevano a riprendere la loro attività formativa: « Con il pensiero e coi cuore, scriveva il 4 ottobre 1933, sono in mezzo ai miei cari seminaristi, che in questi giorni riprendono la vita del Seminario e fra qualche giorno attenderanno al solito triduo di Esercizi Spirituali. Dica ai miei cari seminaristi che entrino con animo generoso nei Santi Esercizi, che ascoltino docilmente la voce del Signore, che facciano dei fermi propositi per potere uscire dal sacro Ritiro rinnovati e santificati. Io pregherò per loro perché il Signore li faccia perseverare nei santi propositi ».
Al suo arrivo in Diocesi confermò nel loro ufficio i dirigenti del Seminario intendendo rinnovare o sostituire dopo avere conosciuto appieno i suoi collaboratori e nel rispetto della personalità dei singoli.
Il Seminario è il diapason della vita diocesana; lo visitava spesso, quasi ogni giorno, e sapeva, scrive La Melia, da esperto pilota consigliare e dare indirizzi ai Superiori per i quali ebbe sempre piena fiducia. Il suo ideale stava nel Seminario romano, di cui voleva riprodurre lo spirito di pietà, di disciplina, di studio, di amore al Papa, il canto, lo spirito liturgico. A questa particolare ottica si deve l’inserimento nel 1940-41 del sac. Antonio La Melia, ex alunno del Seminario romano, come Vicerettore, in sostituzione del can. Vito Avila.
Il Vescovo affiderà le sorti dell’Istituto al La Melia, collaborato dal sac. Calogero Russo, nella qualità di vicerettore, e dal can. Benedetto Vivona, Direttore Spirituale. Continuando l’opera del suo predecessore, potenziò gli studi del Seminario creando un corpo di docenti all’altezza del loro compito e della tradizione dell’illustre Istituto, chiamando alla cattedra i sacerdoti più preparati di tutti i Comuni e mandando a Roma, come egli stesso aveva fatto a S. Lucia del Mela, quanti dimostravano particolari propensioni per gli studi teologici. Fu sua premura creare strutture nuove adeguate ai tempi onde assicurare alla Chiesa mazarese non solo un clero culturalmente formato, ma soprattutto guide spirituali e morali, capaci di sovvenire alle istanze di una società in continua evoluzione.


Mons. Gaspare Aiello continua il suo rettorato


Il dotto Sacerdote, uscito dalla scuola del vescovo Audino, si adoperò con dedizione totale all’incremento del Seminario intensificando l’Opera Vocazioni Ecclesiastiche ed adoperandosi perché l’Istituto disponesse di un rispettabile collegio docente.
Il numero degli allievi in questi anni si venne a consolidare sulle ottanta unità e si crearono le premesse per ammettere ai sacri ordini quanti effettivamente avessero mostrato attitudini spirituali e culturali tali da non screditare il sacerdozio ministeriale e la sua funzione formativa.
Grazie alle sue doti organizzative, l’Aiello poté assicurare alla Diocesi per un cinquantennio sacerdoti in numero adeguato ai reali bisogni delle comunità e culturalmente formati ed idonei alle nuove esigenze di una società in continua evoluzione. Il quadro sinottico degli allievi in quegli anni mostra una leggera flessione solo per l’ultimo biennio del suo rettorato, ma esso coincide con gli anni cruciali della guerra.
Negli ultimi anni del suo rettorato si intravidero chiaramente i sintomi di quella crisi che cominciava a travagliare l’Istituto. Il 1934 vide l’ordinazione di ben nove diaconi; nel 1936 sette candidati ricevettero il sacro Ordine del presbiterato; nel 1937 vide arrivare al sacerdozio ben undici diaconi. Il 1938 segnò il grande traguardo con l’ordinazione sacerdotale di tredici diaconi; nell’agosto 1939 il vescovo impose le mani immettendo nel sacerdozio sei diaconi.
L’anno 1940 vide la dichiarazione di guerra dell’Italia fascista accanto alla Germania e la relativa mobilitazione generale, che portò parecchi del clero a dovere indossare il grigio- verde. Il fronte di guerra rimaneva ancora lontano e il Seminario vide trascorrere un anno senza particolari problemi: altri sette alunni del Seminario vennero ammessi all’Ordine.
Il patto di acciaio siglato dall’Italia con la Germania e la guerra, che ne seguì a breve distanza, coincisero con i primi cambiamenti voluti dal Vescovo nella direzione del Seminario e nel collegio dei docenti: cambiamenti che esprimono sostanzialmente la personalità del Vescovo Salvatore Ballo, formatosi alla scuola del Seminario romano dove il senso della disciplina e l’ubbidienza costituivano un binomio inscindibile.
Al rettore Aiello venne affiancato come collaboratore Antonio La Melia, l’uomo nuovo ma duro, proveniente dal pontificio Seminario Romano dove aveva completato gli studi accademici distinguendosi per il suo attaccamento al magistero della Chiesa e senso del dovere; il futuro rettore sotto la cui direzione il Seminario attraversò una crisi profonda.
Gli anni cruciali della guerra (1941-43), nonostante lo sbandamento generale del popolo, non determinarono la chiusura dell’Istituto, che continuò la sua attività anche con sacrifici enormi e ne raccolse i frutti con l’ammissione all’Ordine del Presbiterato di dieci studenti; gli ultimi, che l’Aiello presentò al suo Vescovo. Era l’anno 1944 e nel Seminario di Mazara cominciava a respirarsi un’aria diversa. Ben s’avvide l’Aiello che con discrezione e fermezza chiese di lasciare la Direzione del Seminario: aveva tenuto per un ventennio ininterrottamente la reggenza del Pio Istituto, aveva servito la Chiesa santa, che è in Mazara, e due Vescovi adoperandosi con zelo apostolico per il bene della Diocesi.
Lasciava la Diocesi dopo avere assicurato ad essa un clero numeroso, culturalmente preparato, pastoralmente valido alle necessità emergenti.
Aveva 66 anni, quando il 27 gennaio 1944 Gaspare Aiello, seguendo l’esempio di padre Mammana, entrò nella famiglia dei Missionari Servi dei Poveri.


Vita di Seminario


La conferma di tutto il personale direttivo fu indice di stima da parte del Vescovo verso quanti da anni erano stati preposti alla guida dell’Istituto.
Il numero dei seminaristi rimarrà elevato ancora per parecchi anni, mentre l’O. V. E. (opera vocazioni ecclesiastiche), istituita dal Vescovo nel 1936, sostenuta dal clero con spirito di fede, vivacizzata dalle strenne natalizie e da varie iniziative locali, che videro talvolta gli stessi parroci scendere a gara per la migliore riuscita della « Giornata pro Seminario », permise la migliore conoscenza del Seminario a tutti i ceti sociali sino alle parrocchie più sperdute dell’entroterra mazarese.
Gli eventi della guerra precipitarono e il 10 giugno 1940 l’Italia dichiarava guerra, prima, alla Francia e, poi, all’Inghilterra. Il Seminario dovette licenziare gli alunni, che vennero scrutinati, non essendo stato possibile fare sostenere gli esami finali. La nube all’orizzonte era diventate nebbia fitta; cominciavano i giorni grigi della guerra. Le cronache del Seminario descrivono con vivezza di colori l’effetto delle sirene del palazzo municipale, che suonarono l’allarme per la prima volta la sera del 23 giugno. Se lo spettro della guerra avanzava seminando paura, dolori e lutti, se la ristrettezza economica e la penuria dei viveri rimase un problema vitale in questi anni, il Seminario, tuttavia, rimase come un’oasi di pace nella tempesta. Si consolidò soprattutto la Schola cantorum del seminario, grazie all’opera di Antonio La Melia, già alunno del maestro Casimiri nel Ponteficio Seminario Romano Lateranense, che, come rettore, reggerà le sorti del Seminario di Mazara per circa un ventennio.
Lezioni settimanali erano riservate alla Schola cantorum, che venne così ad arricchire il vasto repertorio di canti gregoriani con l’aggiunta di canti in musica figurata e polifonica.
Il Vescovo poteva dimostrarsi veramente orgoglioso di avere una Schola cantorum all’altezza del suo nobile ufficio, capace di esplicare e disimpegnare in modo eccellente la missione formativa del gusto e l’educazione liturgica.
Con le gioie e le soddisfazioni non mancarono le note tristi: per ben quattro volte la morte venne inesorabile a bussare alle porte del sacro Istituto. Il 29 novembre 1937 moriva in Castellammare del Golfo il chierico Giacomo Spadaro: diciotto mesi di atroci sofferenze schiantarono la sua forte fibra. Non aveva ancora compiuto venti anni, ma si era fatto apprezzare per intelligenza, bontà ed amore allo studio. Il 31 gennaio 1938 il chierico Antonino Caruso da Gibellina, dopo breve malattia, veniva chiamato all’Eterno. La sua morte seguì di soli tre mesi quella di Spadaro. Il 27 novembre 1940 a Trapani chiudeva il momento della sua vita terrena il chierico Pietro Vinci da Marsala; alunno del corso teologico, si era rivelato allievo molto buono, pio, educato, rispettoso. Il 20 ottobre 1941 moriva, infine, Vito Maltese, anche egli proveniente dalla città di Marsala, dove era nato il 23 dicembre 1923: era un giovane docile, mite e zelante.

Il rettorato di Mons. Antonio La Melia

Antonio La Melia fu « Rettore in pectore » del Vescovo Ballo sin dal suo rientro dagli studi accademici nel Pontificio Seminario Lateranense. A tale scopo nel 1941 il Vescovo lo volle affiancare all’Aiello, come vicerettore, ed egli non ne deluse le aspettative.

Mons. Antonio La Melia, nato a Mazara il 18 settembre 1915.

La Melia conseguì la laurea in Sacra Teologia e il baccellariato in Diritto Canonico e Filosofia. Successivamente conseguirà la laurea in Filosofia presso l’Università degli Studi di Palermo. Vicerettore dal 1941 al 1946, ottenne dal vescovo Ballo la reggenza del Seminario diocesano nell’anno scolastico 1946-47, ufficio che terrà ininterrottamente anche durante il governo del Vescovo Gioacchino Di Leo sino al 1960.
Nel Seminario tenne la cattedra di Sacra Scrittura e Teologia Dogmatica e in alcuni anni anche l’insegnamento della Filosofia.
Lasciata la direzione del Seminario al Vescovo ausiliare Umberto Altomare, si dedicò quasi esclusivamente all’insegnamento delle materie letterarie nella Scuola Media statale: anni alquanto grigi per un uomo dalle capacità dirigenziali e dotato di un’apprezzabile cultura teologica.
Toccò al vescovo Mons. Costantino Trapani nel 1982 riscoprire le qualità positive del La Melia, che fu chiamato in Episcopio per condividere le responsabilità della Diocesi come Delegato Vescovile ad omnia.
Di carattere alquanto duro e dall’atteggiamento sostenuto; mancò in lui l’amabilità dei modi, fu ritenuto da molti un vescovo mancato. Pochi nel Seminario lo amarono, tutti ne apprezzarono la formazione culturale e una certa capacità a sapere cogliere il segno dei tempi.

Il rettorato di Mons. Antonio La Melia coincise con uno dci periodi più critici della storia d’Italia (1943).

Nonostante la grave crisi economica, il Vescovo volle riaprire le porte del Seminario per ridare fiducia alla comunità diocesana e continuità all’azione educatrice dell’Istituto.
L’assenza forzata di parecchi sacerdoti dalla loro sede per vari motivi, non disanimò il Vescovo, che all’apertura dell’anno scolastico 1944-45 assunse personalmente la direzione dell’Istituto, coadiuvato dal La Melia, che presto gli succederà sia come Prefetto degli studi che come rettore.
La ristrettezza economica, che attanagliava l’Italia, la mananza del pane per il razionamento dovuto allo stato di guerra, che perdurava nella restante penisola italiana, costrinsero per la prima volta nelle vacanze natalizie del 1944 a dovere chiudere i battenti del Seminario. Negli anni successivi si ovviò al grave inconveniente con una retta mensile per ciascuno alunno parte in denaro parte in viveri di prima necessità fino a quando gli aiuti americani del piano Marshal contribuirono definitivamente a risolvere il gravoso problema dell’alimentazione.
Ma la crisi non fu solo alimentare. Le classi della scuola media in questi anni subirono un forte calo numerico riducendosi ciascuna a sole poche unità e, grazie alla presenza dei convittori, fu possibile costituire nel Seminario classi organiche. Nell’organizzazione delle varie classi della Scuola Media, ormai parificata, ai docenti sacerdoti subentrarono docenti laici, alla loro prima esperienza didattica, che si alternarono con una certa periodicità determinando una situazione alquanto precaria, anche se la scuola del Seminario non aveva nulla da invidiate alle restanti scuole statali.
Invogliati dal Vescovo e dal Rettore, alcuni studenti del corso teologico preferirono trasferirsi nel Pontificio Seminario Lateranense; lasciarono, così, Mazara per Roma.
Il rigorismo forte e talora esasperante, istaurato dal nuovo rettore, doveva a lungo termine far sentire le sue conseguenze. Ben s’avvide il Vescovo, che volle affiancare nella direzione dell’Istituto al rettore il giovane sacerdote Calogero Russo da Partanna, uomo dal cuore nobile, formatosi alla scuola del rettore Gaspare Aiello, e capace di amalgamare le esigenze di una educazione rigorosa e seria con un’azione educativa umana e paterna.
Mons. Russo restò nel Seminario sino al 1949 quando il Vescovo, già presagendo di dovere lasciare la Diocesi, lo volle vicino come consigliere fidato e collaboratore integro e fedele.
Il 1949 rimase l’anno delle grandi novità: liete e tristi. Dal gennaio a marzo il Seminario ospitò due visitatori apostolici: Mons. Peruzzo, vescovo di Agrigento, venuto per una inchiesta contro il Vescovo, e Mons. Alcini, inviato dalla Santa Sede per ispezionare la vita interna del Seminario. La duplice visita venne interpretata come una doccia scozzese dal clero e dal laicato, che videro ormai imminente il ritiro del vescovo Ballo dalla guida della Diocesi. Il presule, tuttavia, sopportò con dignità le accuse dei suoi avversari e, a distanza di anni, ormai cadente nelle forze fisiche ma lucido nella mente, amava conversare sul suo episcopato svolto nella sede di Mazara, sui tempi difficili attraversati, e sempre dal profondo del suo cuore evidenziava stima e rispetto per i suoi collaboratori, perdono per quanti l’avevano offeso o fatto soffrire.
Il 1949 registrò anche un momento esaltante della storia del Seminario: la realizzazione del pellegrinaggio a Pompei e a Roma e l’incontro con il Papa Pio XII nell’aula delle benedizioni della Città del Vaticano. La comitiva, comprendente 41 persone (allievi, superiori, docenti e lo stesso Vescovo). Il pellegrinaggio, che si svolse dall’otto maggio al quattordici, rimase come il dono più bello del Vescovo ai suoi seminaristi, che aveva tanto amato e per i quali non risparmiò sacrifici e cure. Come il suo predecessore, purtroppo, il Vescovo Ballo da tanti fu criticato, da pochi fu veramente amato, da tutti fu rimpianto.

SERIE CRONOLOGICA DEI VESCOVI DELLA CHIESA DI MAZARA

1. Stefano De Ferro (1093-1142)
2. Umberto o Oberto (1144-1155)
3.Tustino (1156-1180)
4. Matteo (...-1186)
5. Lorenzo (1188-)
6. Ignoto nomine (1193)
7. Ignoto nomine (1198-1199)
8. Pietro (1200-1201)
9. Ignoto nomine (1208)
10. Ignoto nomine (1215)
11. Giuliano (1220-1226)
12. Giovanni (1239-1245)
13. Benvenuto (1246-1254)
14. Nicolà (1256-1270)
15. Giovanni De Ferro (1271-1283)
16. Guglielmo (1283-1288)
17. Giovanni (...-1300)
18. Fulco o Falcone (1304-...)
19. Goffredo De Concioni (1305-1313)
20. Pellegrino De Pactis (1317-1325)
21. Pietro Rogato oppure Rauna oppure Ragona (1326-1330)
22. Ferrer De Abella (1330-1334)
23. Ugone Da Vich (1335-1342)
24. Bernardo (1342-1346)
25. Raimondo De Montechateno (1347-1349)
26. Guglielmo Monstrio (1349-1356)
27. Gregorio (1357-1362)
28. Francesco Di Catania (1362-1363)
29. Ruggero Da Piazza O.F.M. (1363-1383)
30. Francesco De Regno O.P. (1386-1388)
31. Francesco (1388-1391)
32. Francesco Vitale o De Vitalis (1391-1413)
33. Giovanni De Rosa (14151448)
34. Giovanni Bessarione (1449-1458)
35. Giovanni Burgio (1458-1467)
36. Paolo Visconte o Bisconte (1467-1469)
37. Giovanni Montaperto-Chiaramonte (1469-1484)
38. Giovanni Castrioto (1485-1503)
39. Giovanni Villamarino (1503-1525)
40. Giovanni D’Aragona (...-1525)
41. Agostino De Francisco (1525-1526)
42. Girolamo De Francisco (1526-1530)
43. Giovanni Omodei (1530-1542)
44. Girolamo Termine o De Terminis (1543-1561)
45. Giacomo Lomellino Del Campo (1562-1571)
46. Giovanni Beltrano De Ghevara (1571-1572)
47. Antonio Lombardo (1573-1578)
48. Bernardo Gasch (1579-1588)
49. Luciano Rosso o De Rubeis (1589-1602)
50. Giovanni De Gantes (1604-1605)
51. Marco La Cava (1605-1626)
52. Francesco Sanchez De Villanueva (1630-1635)
53. Giovanni Domenico Spinola (1636-1646)
54. Diego Requesens (1647-1650)
55. Carlo Impellizzeri (1650-1654)
56. Giovanni Lozano (1655-1669)
57. Giuseppe Cigala (1670-1678)
58. Carlo Reggio (1681-1683)
59. Francesco Maria Graffeo (1685-1695)
6o. Bartolomeo Castelli (1695-1730)
61. Alessandro Caputo (1731-1741)
62. Giuseppe Stella (1742-1758)
63. Girolamo Palermo (1759-1765)
64. Michele Scavo (1766-1771)
65. Ugone Papé di Valdina (1772-1791)
66. Orazio Della Torre (1792-1811)
67. Emanuele Custo (1816-1829)
68. Luigi Scalabrini (1832-1842)
69. Antonio Salomone (1845-1857)
70. Carmelo Valenti (1858-1882)
71. Antonio Maria Saeli(1882-1900)
72. Gaetano Quattrocchi(1900-1903)
73. Nicolò Maria Audino(1903-1933)
74 Salvatore Ballo Guercio (1933-1949)
75. Gioacchino Di Leo (1950-1963)
76. Giuseppe Mancuso(1963-1977)
77. Costantino Trapani o.f.m. (1977-1987)
78. Emanuele Catarinicchia (1987- 2002)
79. Calogero La Piana s.d.b. (2002-2006)
80. Domenico Mogavero (2007-)
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Cronotassi dei Rettori


1. La Russa Giacomo da Corleone (1589-1638)
2. Cascio Filippo da Ciminna (1638-1641)
3. Polizzi Vito (1642-1644)
4. Cascio Giuseppe da Salemi (1645-1652)
5. Argione Francesco da Mazara (1653-1671)
6. P. Tommaso Rivera - teatino (1671-1672)
7. Fr. Francesco M. Graffeo da Mazara 1672 (da luglio a settembre)
8. Marzullo Nicolò da Trapani 1672 (da settembre a ottobre)
9. Liccio Giuseppe da Calatafimi (1672-1673)
10. Mione Pietro da Castellammare (1673-1679)
11. Argione Francesco, rettore (1679-1682)
12. Rizzone Bernardo da Trapani (1682-1688)
13. Bonanno Giacomo da Trapani (1688-1690)
14. Perniciaro Paolo (1690-1693)
15. Falcetta Antonino (1693-1695)
16. Leggiato Corrado da Trapani (1695-1698)
17. Nolfo Antonio da Trapani (1698-1700)
18. Monacò Giuseppe da Erice (1700-1703)
19. Mindietta Nicolò da Trapani (1703-1705)
20. Zuaro Eligio da Marsala (1705-1707)
21. Agate Rocco da Mazara (1707-1724)
22. Grillo Antonino da Mazara (1724-1734)
23. Mancuso Giuseppe (1734-1736)
24. P. Ilario Ridolfi, ordine dei Mercedari (1736-1741)
25. Garsia Salvatore da Pantelleria (1741-1743)
26. Milana Lattanzio da Erice (1744-1754)
27. Russo Giuseppe da Mazara (1754-1762)
28. Sebastiano da Mazara (1762-1765)
29. Russo Giuseppe, rettore 2° volta (1765-1766)
30. Tardia Francesco da Palermo (1767-1768)
31. Porto Giuseppe da Mazara (1768-1770)
32. Caracappa Michelangelo da Mazara (1770-1772)
33. Porto Giuseppe, rettore 2° volta (1772-1781)
34. Rallo Vito da Mazara (1781-1784)
35. Renda Giuseppe da Erice (1784-1787)
36. Terranova Antonino da Salemi 1787 (da gennaio ad Aprile)
37. Rizzuto Leonardo da Gibellina (1787-1789)
38. Renda Giuseppe (solo titolare) (1789-1798)
39. Rallo Vito, rettore 2° volta (1799-1804)
40. Terranova Antonino, rettore 2° volta (1804-1805)
41. Calafato Vito da Mazara (1805-1814)
42. Coppola Milana Alberto da Erice 1814 (da agosto a dicembre)
43. Marsiglia Giuseppe da Campobello (1815-1817)
44. Grassa Gaspare da Mazara (1817-1818)
45. La Rosa Paolo da Salemi (1819-1827)
46. Saladino Ignazio da Salemi (1827-1828)
47. Russo Giacomo da Marsala (1828-1829)
48. D’Oca Ignazio da Mazara (1829-1833)
49. Ansaldi Vito da Salemi (1833-1834)
50. Sansone Ignazio da Mazara (1834-1837)
51. D’Oca Ignazio, rettore 2° volta (1838-1840)
52. Pampalone Antonino da Calatafimi (1840-1842)
53. Maniscalco Antonino da Salemi 1842 (da gennaio a luglio)
54. Russo Giacomo, rettore 3° volta (1842-1844)
55. Salomone Carmelo (vescovo) (1845-1858)
56. Melchiores Pietro da Palermo (1858-1862)
57. Errante Parrino Giovanni da Castelvetrano (1863-1866)

(Il Seminario rimane chiuso dal maggio 1866 al novembre 1871)

58. Polizzi Domenico da Alcamo (1871-1872)
59. Storiano Gaspare da Marsala (1872-1874)
60. Ingianni Giuseppe da Marsala (1874-1876)
61. Vizzini Giuseppe C. SS. R. (1876-1881)
62. Ingianni Giuseppe, rettore 2° volta (1881-1885)
63. Di Giovanni Luigi da Palermo (1885-1886)
64. Safina Pietro da Mazara (1886-1888)
65. Ajello Daniele da Mazara (1888-1896)
66. Quattrocchi Gaetano (vescovo) (1896-1897)
67. Mulé Benedetto da Alcamo (1897-1904)
68. Audino M. Nicolò (vescovo) (1904-1905)
69. Evola Francesco da Terrasini (1905-1911)
70. Manno Ignazio di Alcamo (1914-1916)
71. Jella Lorenzo da Subiaco (1916-1922)
72. Ajello Gaspare da Partanna(1923-1943)
73. La Melia Antonino da Mazara (1943-1960)
74. Altomare Umberto (vescovo) (1960-1961)
75. Genna Giacomo da Marsala (1961-1962)
76. Promontorio Girolamo da Marsala (1962-1964)
77. Caracci Gaspare da Partanna (1965-1985)
78. Di Simone Leo da Mazara (1985-1986)
79. Ponte Giuseppe da Marsala (1986-1996)
80. Greco Vincenzo da Marsala (1996- 2003)
81. Biondo Giuseppe da Partanna (2003- 2006)
82. Impellizzeri Vito da Pantelleria (2006 - 2011)
83. Fiorino Francesco da Marsala dal 2011


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Il lavoro di ricerca e di sintesi è stato portato avanti da Don Tommaso Lombardo.
(Testo di propietà del Seminario, è vietata la copia senza dovuta richiesta)


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