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MINISTRANTI DELLA DIOCESI

MINISTRANTI DELLA DIOCESI
Notizie, Informazioni e Materiale per i ministranti della Diocesi di Mazara del Vallo

1 Riflessione/ L’avvento

Il termine latino adventus (traduzione del greco parousia o anche ephiphaneia), nel linguaggio cultuale pagano significava la venuta annuale della divinità nel suo tempio per visitare i suoi fedeli.
L'acclamazione aramaica Maranathà, era usata dalle prime comunità cristiane nelle loro riunioni liturgiche, come è documentato in 1 Cor 16,22 e Ap 22,20. È una formula volutamente ambivalente, che racchiude il duplice significato del memoriale. Infatti, se la si scrive maran-athà (perfetto), vuoi dire: "Il Signore è venuto e viene tuttora". Se la si scrive marana-thà (imperativo), significa: "Signore nostro, vieni!".
Maranathà è azione di grazie per un evento salvifico passato, che estende la sua efficacia nel presente; ma è anche supplica ardente perché il Signore disveli la sua presenza nell'oggi della storia e si mostri glorioso nel suo ritorno escatologico. La Chiesa prega perché il suo Sposo e Signore renda sempre più manifesta la sua presenza salvifica attuale e la trasformi in presenza definitiva e piena.

Prospettiva storica. Abbiamo già alla fine del IV e nella prima metà del V secolo dopo Cristo, in alcune regioni dell'Europa come la Gallia e la Spagna, dei segnali che ci rimandano a questo tempo liturgico, nell'idea di un tempo dedicato alla preparazione del Natale del Signore.

«Dal 330 il Concilio di Saragozza prescrive ai fede­li d'essere assidui alla chiesa dal 17 dicembre all'Epifania. Ascesi, preghiera, assemblee più fre­quenti, tali sono le prime caratteristiche del tempo di preparazione al Natale. Questa discipli­na doveva poi precisarsi in Gallia nel corso del V secolo, dove vediamo Perpetuo di Tours (+ 490) istituire un digiuno di tre giorni per settimana a partire da S. Martino fino alla Natività»[1].

Il digiuno di Perpetuo di Tour è stato tenu­to in considerazione anche dopo il Concilio Vaticano II, come inizio del tempo di Avvento dalla liturgia ambrosiana. Si trat­ta di un digiuno tre volte la settimana nel tempo che va dalla festa di S. Martino (11 novembre) a Natale.
Già nei Padri vi era un diverso modo di comprendere la festa del Natale. Sant'Agostino la considerava come una semplice memoria, mentre San Leone Magno, da parte sua, parlerà-del Natale come di un "Sacramentum natalis Christi".
«A Roma, ma solo verso la metà del VI secolo, compare una liturgia dell'Avvento scaglionata nell'arco di sei settimane. La sesta settimana tut­tavia non ha celebrazione eucaristica: l'introdu­zione delle Quattro tempora esige infatti che la messa venga celebrata durante la notte tra il sabato e la domenica, la quale perciò resta vacan­te. Con San Gregorio Magno il numero delle domeniche di Avvento è ridotto a quattro»[2].
È proprio in questo periodo che il significato dell'Avvento pren­de in se stesso vari significati: infatti fuori da Roma questo tempo era considerato per eccellenza un tempo di preparazio­ne alla nascita di Cristo Signore e anche un tempo escatologico di preparazione alla parusìa.
Per i romani era una sorta di Pasqua incoativa ed essi intendevano dare alla Pasqua tutta l'importanza di una preparazione che comprenderà fin dal IV secolo, l'organizzazione catecumenale. Essi, inoltre, volevano riservare alla Pasqua il suo posto centrale nel mistero della salvez­za. D'altra parte la sensibilità biblica e istintivamen­te teologica dei fedeli si concentrò sul Natale e ciò comportò la celebrazione di una duplice attesa in sintonia con il mistero pasquale inteso come l'inizio del trionfo sul male. San Leone Magno, che non conobbe la celebrazione dell'Avvento a Roma, col­lega, al pari di altri Padri della Chiesa, l'arrivo del Signore a Betlemme al suo secondo avvento glorio­so alla fine dei tempi.
L'Avvento romano appare solamente nella seconda metà del VI secolo e lo studio dei formulari e dell'ufficio permette di coglie­re il senso preciso che i papi del VI e del VII secolo hanno volu­to dare al tempo di Avvento che trova il suo apice grazie alla sempre maggiore importanza che, soprattutto nell'Alto Medioevo, verrà data alla festa del Natale. In tal modo l'Avvento prende sempre più una caratteristica di tempo di atte­sa gioiosa della festa della Natività e orienta sempre di più i cri­stiani verso il ritorno glorioso del Signore alla fine dei tempi.
Nel MR 1970 le ferie che vanno dal 17 al 24 dicembre hanno ricevuto un formulario proprio della Messa, di cui prima erano carenti; le ferie dal 16 dicembre hanno rice­vuto solo la colletta e le letture bibliche proprie.

Prospettiva teologica–liturgica. Il tempo liturgico inizia con i primi Vespri della I domenica di Avvento e si conclude prima dei primi Vespri del Natale.
Il colore liturgico di questo tempo è il viola; a differenza della quaresima che è un tempo penitenziale e di digiuno in cui si usa anche il colore viola, l'Avvento è tempo di gioiosa attesa, nella preghiera e nella dispo­nibilità totale a Dio e ai fratelli, infatti si canta l’alleluia e si orna l’altare di fiori mantenendo un clima sobrio e semplice. Non si canta il gloria.
Il tempo dell’Avvento che emerge dai testi liturgici, è praticamente formato da due periodi:
  1. dalla prima domenica di avvento al 16 dicembre è posto in maggiore evidenza l'avvento escatologico e orienta gli animi all'attesa della venuta gloriosa di Cristo;
  2.  dal 17 al 24 dicembre sia nella messa, sia nella liturgia delle ore, tutti i testi sono indirizzati più direttamente alla preparazione del Natale.
In questo tempo liturgico emergono tre figure bibliche, caratteristiche dell'avvento: il profeta Isaia; Giovanni Battista; Maria.
Un'antichissima ed universale tradizione ha assegnato all'avvento la lettura del profeta Isaia perché in lui, più. che negli altri profeti, si trova un'eco della grande speranza che ha confortato il popolo eletto durante i secoli duri e decisivi della sua storia.
Giovanni Battista è l'ultimo dei profeti e riassume nella sua persona e nella sua parola tutta la storia precedente nel momento in cui sfocia nel suo compimento. Egli è il segno dell'intervento di Dio per il suo popolo; quale precursore del Messia ha la missione di preparare le vie del Signore, di offrire ad Israele la «conoscenza della salvezza» e soprattutto di indicare Cristo già presente in mezzo al suo popolo.
L'avvento è il tempo liturgico nel quale si pone felicemente in rilievo la relazione e la cooperazione di Maria al mistero della redenzione.
L'avvento, nella sua immediata preparazione al Natale, ricorda particolarmente la divina maternità di Maria. Il Figlio di Dio non discende dal cielo con un corpo adulto, plasmato direttamente dalla mano di Dio (cfr. Gn 2,7), ma entra nel mondo come «nato da donna» (Gai 4,4), salvando il mondo, in questo modo, dal di dentro. Maria è colei che, nel mistero dell'avvento e dell'incarnazione, congiunge il Salvatore al genere umano. La solennità dell'Immacolata Concezione, celebrata all'inizio dell'avvento (8 dicembre), non è una parentesi o una rottura dell'unità di questo tempo liturgico, ma fa parte del mistero. Maria immacolata è il prototipo dell'umanità redenta, il frutto più eccelso della venuta redentiva di Cristo. In lei, come canta il prefazio della solennità, Dio «ha segnato l'inizio della chiesa, sposa di Cristo senza macchia e senza ruga, splendente di bellezza».
L'avvento ha un suo ricco contenuto teologico; considera, infatti, tutto il mistero della venuta del Signore nella storia fino al suo concludersi. L'avvento ricorda, prima di tutto, la «dimensione storico-sacramentale» della salvezza. Il Dio dell'avvento è il Dio della storia, il Dio pienamente venuto per la salvezza dell'uomo in Gesù di Nazareth, nel quale si rivela il volto del Padre. La dimensione storica della rivelazione ricorda la concretezza della salvezza piena dell'uomo, di tutto l'uomo, di tutti gli uomini, quindi il nesso intrinseco tra evangelizzazione e promozione umana.
L'avvento è il tempo liturgico nel quale viene fortemente evidenziata la «dimensione escatologica» del mistero cristiano. Dio ci ha riservati per la salvezza, ma si tratta di una eredità che si rivelerà soltanto alla fine dei tempi.
Nella I domenica di Avvento il Vangelo parla del ritorno del Signore. "Il Signore viene": questa è la nostra certezza, che dà significato a tutta la vita cristiana. Egli viene non a giudicare, ma a portare la pace e impegna a essere vigilanti, lavorando ogni giorno con serena speranza, operando nella fedeltà al Vangelo.
Le letture veterotestamentarie del ciclo triennale sono tratte dal libro di Isaia. Esse descrivono il regno di pace del Messia, nel quale egli radunerà tutti i popoli (anno A).
Le letture neotestamentarie, tratte dall'epistolario paolino, esortano a svegliarsi dal sonno e a gettare via le opere delle tenebre, perché «la nostra salvezza è vicina... la notte è avanzata e il giorno è vicino» (Rm 13,11-14: anno A).
La II domenica di Avvento è caratterizzata da promessa e gioiosa attesa. Il Vangelo fa risuonare, attraverso la voce forte del Precursore, l'appello alla penitenza (Mt 3,1-12 nell'anno A).
La prima lettura dell'anno A promette che «un germoglio spunterà dal tronco di Jesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici» (Is 11,1-10).
Nelle letture neotestamentarie Cristo è annunziato come portatore universale di salvezza (Rm 15,4-9: anno A).
La III domenica di Avvento è tutta pervasa di gioia prenatalizia (Gaudete). La prima lettura è tutta un'esplosione di gioia: «Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa, si canti con gioia e con giubilo» (Is 35,1-2: anno A).
Nel Vangelo dell'anno A ritorna la figura del Precursore: Giovanni, dalla prigione, sollecita Gesù a manifestare la sua identità messianica. E Gesù rimanda ai segni preannunziati da Isaia (prima lettura) che egli compie sotto gli occhi di tutti. Nella seconda lettura Giacomo invita alla pazienza: «Rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina» (5,7-10).
Nella IV domenica di Avvento le letture invitano ad accogliere l'Emmanuele con i sentimenti di fede e di amore della Vergine Maria e del suo sposo Giuseppe. I propri delle Messe sono pertanto caratterizzati da quegli eventi che hanno preceduto immediatamente la nascita di Gesù.
Il Vangelo dell'anno A riferisce il conflitto interiore di Giuseppe di fronte all'inattesa gravidanza della sua promessa sposa e l'invito dell'angelo a prendere con sé Maria, poiché il bambino che nascerà da lei viene dallo Spirito Santo e salverà il suo popolo dai peccati (Mt 1,18-24).
La lettura neotestamentaria dell'anno A riporta i primi versetti della lettera ai Romani (1,1-7). Paolo si presenta come servo e, apostolo del Vangelo di Gesù, «Figlio di Dio, nato al seme di Davide secondo la carne», venuto in terra «perché tutte le genti, per mezzo di Gesù Cristo, giungano all'obbedienza delle fede, in Dio, a cui sia gloria nei secoli».

PREFAZIO DELL'AVVENTO I
Al suo primo avvento nell'umiltà della nostra natura umana
egli portò a compimento la promessa antica
e ci aprì la via dell'eterna salvezza.
Verrà di nuovo nello splendore della gloria,
e ci chiamerà a possedere il regno promesso
che ora osiamo sperare vigilanti nel­l'attesa.


Il prefazio pone in parallelo le due venute di Cristo che si diver­sificano decisamente per le modalità ma sono consequenziali. La prima consiste nell'abbassamento del Verbo di Dio che assu­me la natura umana per realizzare la promessa salvifica vetero­testamentaria che ridà agli uomini la possibilità di partecipare all'eterna salvezza come ritorno alla originaria comunione con Dio. La seconda venuta, nella gloria alla fine dei tempi, farà sì che i giusti fedeli partecipino del regno promesso. Tra la prima e la seconda venuta, e perché la seconda sia pienezza della prima, è necessario che ogni cristiano assuma un atteggiamen­to di speranza e vigilanza nell'attesa. La speranza cristiana si fonda su una certezza: Cristo è venuto e quindi verrà nuova­mente.

PREFAZIO DELL'AVVENTO II
Egli fu annunziato da tutti i profeti,
la Vergine Madre l'attese e lo portò in grembo con ineffabile amore,
Giovanni proclamò la sua venuta
e lo indicò presente nel mondo.
Lo stesso Signore, che ci invita a preparare il suo Natale, ci trovi vigilanti nella preghiera, esultanti nella lode.

L'annuncio dei profeti dell'antico testamento trova compimento nell'incarnazione del Verbo di Dio resa possibile dall'amorevole accoglienza che Maria pone come risposta all'annuncio dell'ange­lo. Giovanni Battista, l'ultimo grande profeta, annuncia l'avvenu­ta profezia: Cristo Gesù è ormai uomo tra gli uomini. L’invito da parte del Signore ai cristiani perché la vigilante e gioiosa attesa della cele­brazione del Natale si manifesti nella preghiera e nella lode.

Prospettiva spirituale. La co­munità cristiana, con la liturgia dell'av­vento, è chiamata a vivere alcuni, atteggia­menti essenziali all'espressione evangelica della vita: l'attesa vigilante e gioiosa, la spe­ranza, la conversione.
Dio, entrando nella storia, mette in cau­sa l'uomo. La venuta di Dio in Cristo ri­chiede continua conversione; la novità del vangelo è una luce che richiede un pronto e deciso risvegliarsi dal sonno (cfr. Rm 13,11-14). Il tempo dell'avvento, soprattutto attraverso la predicazione del Battista, è un richiamo alla conversione per preparare le vie del Signore e accogliere il Signore che viene. L'avvento educa a vivere quel­l'atteggiamento dei «poveri di YHVVH», mi­ti, umili, disponibili e che Gesù ha procla­mato beati (cfr. Mt 5,3-12).

Prospettiva pastorale. Come il tempo dell’avvento può avere un effettivo e decisivo riscontro nella prassi? Come è possibile evitare che questo tempo liturgico, l’Avvento, non rischi di essere un binario parallelo con il “tempo fisico” in cui viviamo? La pa­storale dell'avvento deve tener conto delle problematiche di cui è composta la nostra realtà sociale. L'avvento, con il suo messaggio di attesa e di speranza per la venuta del Signore, deve formare co­munità cristiane e singoli credenti a porsi come segno alternativo di una società senza futuro, senza speranza nel campo lavorativo soprattutto riguardante la fascia giovanile. L'autentica presa di coscienza della dimensione escatologica trascenden­te della vita cristiana non deve diminuire, ma accrescere l'impegno per redimere la storia e preparare, attraverso il servizio de­gli uomini sulla terra, quasi la materia per il regno dei cieli. Cristo, infatti, con la po­tenza del suo Spirito opera nel cuore degli uomini non solo per suscitare il desiderio del mondo futuro, ma anche per ispirare, purificare e fortificare l'impegno al fine di rendere più umana la vita terrena.

don Nicola Altaserse



[1] A. G. MARTIMORT, La Chiesa in preghiera. La Liturgia e il tempo, vol. IV, Queriniana, Brescia 1995, 114.

[2] A. NOCENT, Il tempo della manifestazione, in AA.W. (Ed.), Anamnesis, vol. 6, Marietti, Genova 1994, 194.

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